Ieri sera avevo voglia di scrivere un post bello, di quelli che
ti emozionano dalla prima all’ultima riga.
Avevo deciso di farlo dopo cena quando, mio figlio si è sentito
male e la sua cena è andata a finire nell’indifferenziata.
Non è ancora pronto a capire i segnali che il suo corpo gli
manda e a volte, mi dice che si sente male, solo dopo che si è sentito male.
Mi ha guardato con gli occhi spauriti, di chi non sa cosa gli
sta capitando, né perché, chiamandomi mammina e poi, va beh, il resto va da sé.
Dopo averlo cambiato, lavato e rassicurato, mi si è buttato
addosso e nell’abbandonarsi mi ha chiesto perché io non avessi fermato la
“bua”.
La bua non ti deve far paura, mai.
La bua passa, tutto passa.
L’importante è che tu non ti spaventi. La paura è una compagna
di giochi dispettosi. Ti tira per il maglione perché non vuole essere superata.
Ma tu, ridi. Fermati e falle credere che, ti sorpasserà. Poi, scatta in avanti
e lasciatela indietro.
Se penserai che, comunque io sarò vicino a te, costruiremo un
destino capace di stare dentro un bicchiere di carta, leggero, leggero, una
strada in discesa. Niente intoppi, niente grumi. Ma tu non aver paura.
La paura è una compagna di giochi, dispettosa. “Macchiazziona”
come dici, tu. Mascalzona, assai, dico io.
Fornirti coraggio, questo devo essere capace di fare.
Fornire coraggio superando la paura del fallimento, quella per
il male provocato dalle separazioni, quella dei limiti miei, dei miei timori e
renderti libero dalle mie paure, prima
ancora che,dalle tue.
Ti guardo come in uno specchio, nuda. E i tuoi occhi spauriti si
fanno viaggio. Viaggio attraverso me, dentro. Per te imparerò a essere in
tempo. A essere al tuo fianco, aspettando che tu completa il tuo tragitto,
dentro e fuori che, guarisca le ferite che, avrai. Ti aiuterò a tornare dai
tuoi incubi e cammineremo mano nella mano, convinti che la bua esiste, ma
passa. Come l’acqua, come il tempo.
Imparerò, con tutta me stessa a credere che la bua, passa. Anche
quando non passa, anche quando ti rimane incollata addosso come l’odore della
nostalgia o di alcuni dolori che, non c’è modo di piangere.
Magari fossi Benigni, bravissimo nel raccontarti che la vita è
bella, sempre. Che l’orrore può essere narrato come un gioco, una favola, dove
in premio c’è un carro armato capace di stendere i fiori.
E’ questo che le madri hanno sussurrato ai loro figli nel campo
di Auschiwtz? E’ questo quello che le madri dei bambini persi, rubati, cantano
ai loro piccoli, nelle notti insonni, sperando che il vento li raggiunga
ovunque siano?
La bua, passa.
Non avere paura.
Non posso mandarla via, la bua, non posso evitarla. Sottrarti ed
eluderla equivarrebbe a porti in una sterile campana di vetro. Potrei darti,
forse, l’eden, incontaminato ed eternamente uguale a se stesso, ma ti priverei
della capacità di vivere, sentire, dare la vita, togliere il respiro, far
battere il cuore.
La bua passa. Ma ti lascia più forte se ti fermi, aspetti,
facendole credere che ti sorpasserà e poi, con un balzo in avanti la lasci
indietro e corri incontro al vento.