Ho
sempre creduto di avere uno sguardo sul mondo disponibile e comprensivo.
L’empatia è stata spesso la mia guida, più per inclinazione che per
ragionamento, come familiare mi è stata sempre una certa tendenza all’ascolto.
Ma caspita, ci vuole proprio un gran cuore oggi, a tentare di tenere ancora
quello sguardo aperto e fiducioso sul mondo. Se è vero che la fiducia nelle
relazioni va coltivata, come è vero che la stima si deve conquistare sul campo,
con le azioni e con l’esempio, operativamente e senza chiacchiere, beh, allora,
genere umano mio, siamo proprio messi male.
Siamo
messi male quando deroghiamo alla nostra consapevolezza critica – ne abbiamo
tutti, no? Ditemi che è così - in favore di una cultura digitale che omologa
tutti verso il basso; siamo messi male quando prendiamo per oro colato, un
pensiero, una informazione, quando neanche il buon senso fa più da censura.
Siamo messi male quando, all’indomani di tragedie umane o calamità naturali,
diventiamo tuttologi, esperti, specialisti di materie e settori di cui, prima
dell’accaduto, non né avremmo sospettato neanche l’esistenza. Siamo messi male
quando impartiamo consigli, quando facciamo previsioni, quando seguiamo la eco
dell’invasione degli imbecilli, per dirla alla Eco, Umberto, intendo. Perché,
se è vero che noi no, noi non seguiamo gli imbecilli, sicuramente li leggiamo,
ci conviviamo e spesso cerchiamo di limitarne i danni. E forse, spesso, lo
siamo anche noi. Più o meno, consapevolmente. Perché sì, l’imbecille fa più
danni della grandine. Crea scompiglio, genera malintesi, caos. L’imbecillità è
una condizione umana trasversale, senza distinzione di sesso, appartenenza
politica, titolo di studio, professione o status economico. E’ arrogante il
disprezzo contro l’imbecillità, come arroganti sono i giudizi perentori,
decisi, fermi, dati senza alcuna cognizione di causa se non quella di una
sommaria lettura di qualche post che funge da fonte primaria di informazione, o
qualche convinzione di troppo.
E’
questo crea un danno enorme alla collettività.
Lo
crea l’allarmismo contro i vaccini, perché fanno calare le coperture di tutti,
facendoci arretrare di quindici anni; lo creano le proposte senza senso di una
gestione alternativa dell’emergenza, che indeboliscono le responsabilità, non
le rafforzano. Non si può dire che non ha funzionato la Protezione Civile,
quando fanno parte del Servizio Nazionale di Protezione Civile i Vigili del Fuoco,
le Forze dell'Ordine, le Forze Armate, il Corpo Forestale, la Croce Rossa,
nonché tutta la Comunità Scientifica, il Soccorso Alpino e le strutture del Servizio
Sanitario Nazionale. Non lo puoi dire con il sedere al caldo mentre tonnellate
di neve inghiottono gente che, di riffa o di raffa, altri tentano di salvare.
Puoi farti delle domande, puoi chiederti delle cose. Ma credo ci sia un tempo
per il dolore e uno per la ricerca di cosa non ha funzionato e del perché non
ha funzionato. E purtroppo sono molte le cose che in questi giorni in questo
paese martoriato da scosse, gelo, incapacità, non hanno funzionato senza che vi
si aggiunga il peso dell’imbecillità. Il danno lo creano le false informazioni,
i qualunquismi, lo scarica barile, nella stessa misura di come lo creano le
battaglie tout court. Perché anche gli obiettivi delle battaglie li devi
scegliere bene. Specie in tempi di magra. Che se sai che puoi ottenere solo
due, è inutile chiedere cinque. Abbassa le pretese e sii più realista,
altrimenti rischi di perdere pure quei due.
Sarà
che le delusioni più grandi sono quelle legate alle aspettative grandi, genere
umano mio.
E
siamo messi proprio male se ci allineiamo ad un piattume che ci rende più
banali e mediocri di quanto effettivamente non siamo.