martedì 3 maggio 2016

Manca aria


Giorgia Spano è l’autrice del post “Essere la mamma di un maschio è una responsabilità e un onore” post che in pochi giorni è diventato virale su facciadalibro.
Condiviso, amato, diviso e spartito in rete dalla maggior parte delle mamme di figli maschi. Laureata in biologia, ricercatrice in una Università di Milano e presidente di una associazione che sostiene la collaborazione tra le donne mamme e la genitorialità definita ad alto contatto ha scritto quello che, è poi diventato uno tra gli articoli più gettonati sul web. In origine il doveva essere una lettera regalo per un amica in procinto di partorire un figlio maschio, poi è diventato una sorta di specchio nel quale la maggior parte delle mamme di maschi si sono ritrovate. Il post , di seguito riportato, è bello e ha del vero.
Contiene la descrizione di quei riti quotidiani in cui la mamma di un figlio maschio si ritrova in pieno. Dalla sensazione di non saper gestire lo zampillio di una pipì così lontana dalla nostra, passando per lo sconcerto davanti all’ardore della guerra simulata in tutte le sue più eccentriche sfumature dai piccoli ninja. Commuove lo stupore e la meraviglia della scoperta dell’ amore provato per una “personcina” tanto diversa rispetto al modo di sentire di una donna, prima ancora che, di una madre. Il testosterone, differente dalla sindrome premestruale, il volo, il non ritorno. L’amore incondizionato, prima, il distacco fisiologico, poi.

Ripeto, il post è bello, ma lascia una sensazione sgradevole nell’animo. Almeno, nel mio.
Termina, infatti, affermando che il figlio maschio sarà un uomo sano ed equilibrato, quando gli basterà sentirci una sola volta a settimana. Allora capiremo di aver fatto un buon lavoro, come madri, avendo cresciuto un uomo per bene, sottointendendo, un uomo, risolto.
 Rileggendo più volte il post, ho faticato a capire cosa davvero mi disturbava di ciò che leggevo. Poi ho capito.
Il post manca di magia.
Manca dello stupore dell’innamoramento. Manca del senso di meraviglia dell’attesa del fare del proprio figlio  un uomo degno quando, uomo non significa solo maschio e degno non significa solo probo.
 
Manca aria.

Manca il sapore di un legame “così forte e necessario da essere invisibile” che, un uomo può, con la propria madre. Anche a cento anni.

Nel post tutto è già scritto, scontato, non lascia margine al cambiamento. La madre ama incondizionatamente, sapendo che il figlio maschio se ne andrà, perché è così che deve essere. Prendersi cura, sorreggendo le aspirazioni, sopportando le evasioni, accettando le affermazioni, in una lenta e ineluttabile preparazione all’addio. Eppure. Eppure, sono convinta che il  buon lavoro di una madre non si spieghi solo nell’ allenamento alla separazione. Tra separazione ed indipendenza c’è un atto specifico, reciproco. Un atto di volontà e consapevolezza che si costruisce lentamente, giorno dopo giorno, esercitandosi alla promessa di non perdersi, mai.

E allora mi viene in mente di nuovo una delle cose più belle scritte da Chiara Cecilia Santamaria per sua figlia “Come aria”

Com’è diverso quel sentimento che mi sarà sempre estraneo, quello di attaccarsi al neonato come ad una proprietà e sentirsi complete solo con una piccola appendice al fianco, e come è intenso e nuovo questo, quello di avere una figlia che è una bambina né grande né piccola, che capisce i sentimenti e ti ragiona con la voce sottile, ed inizia ad andare per il mondo. Inizi a lasciarla per il mondo, perché sai che è sui gradini dell’indipendenza che si costruisce l’amore buono. Anche se il mondo è solo il tuo Paese al di là della Manica, anche se è una casa conosciuta. Com’è strano vederla sbracciarsi dall’altro lato dei controlli, avere gli occhi un po’ lucidi e pensare che, forse, il tuo obiettivo è fare in modo di non mancarle anche quando le manchi. Essere una certezza talmente forte da resistere alle distanze. Quelle del tempo e dello spazio. Quelle delle idee e delle ambizioni. Quelle del carattere. Quelle della vecchiaia. Concederle di potersi dimenticare di me quando sta bene, senza sentirsi in torto. Sapere che siamo unite da qualcosa di così forte e necessario da essere invisibile. Come aria. Com’è difficile, per i genitori, accettare che i figli vivano lontano da loro. E com’è necessario, questo, affinché vivano"
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Essere mamma di un maschio richiede agilità, lo capisci da subito, da quando ad ogni cambio sul fasciatoio devi schivare pipì zampillanti. E ti servirà quell’agilità negli anni a seguire, per rincorrere un piccolo corridore a cavallo di ogni mezzo di trasporto: monopattino, bicicletta, moto cavalcabile. Essere mamma di un maschio richiede formazione continua. Cosa differenzia una ruspa da una scavatrice? Che super-potere ha Iron man? E che diavolo mai sarà un camion bisarca?
Essere mamma di un maschio è mistero, perché lui è altro da te. La sindrome premestruale avresti anche potuto capirla, il testosterone è invece un modo sconosciuto fatto di barbe, pomi d’adamo e polluzioni notturne.
Essere mamma di un maschio è meraviglia e scoperta, perché in fondo i maschi mica li avevi capiti così bene.
Essere mamma di un maschio è responsabilità e onore di crescere un uomo per bene.
Essere mamma di un maschio richiede agilità, lo capisci da subito, da quando ad ogni cambio sul fasciatoio devi schivare pipì zampillanti. E ti servirà quell’agilità negli anni a seguire, per rincorrere un piccolo corridore a cavallo di ogni mezzo di trasporto: monopattino, bicicletta, moto cavalcabile.
Essere mamma di un maschio richiede formazione continua. Cosa differenzia una ruspa da una scavatrice? Che super-potere ha Iron man? E che diavolo mai sarà un camion bisarca?
Essere mamma di un maschio porta a superare le proprie paure e repulsioni. Ad esempio quella dei ragni e degli insetti più ripugnanti che tu possa immaginare. E se non sei aracnofobica, stai sicura che lui adorerà rettili o anfibi o qualunque cosa ti faccia rabbrividire.
Essere mamma di un maschio richiede forza d’animo, per non morire d’amore quando ti dirà che sei la sua regina e l’unica donna che vuole sposare. (non temere, cambierà idea!)
Essere mamma di un maschio ti aiuta nelle scelte. Le tute sono tutte blu, grigie o nere, le magliette basta prenderle in stock, variando tra immagini di moto, barche o super-eroi,
Essere mamma di un maschio significa fingere. Fingere che i suoi regali di compleanno ti piacciano; con fogli impiastricciati e sculture sbilenche è semplice, quelli ti piacciono davvero. La vera prova è fingere quando avrà 30 anni e ti regalerà l’ennesimo libro o l’ennesima crema antirughe.
Essere mamma di un maschio è consapevolezza che un giorno si vergognerà di farsi vedere nudo da te; a poco vale la consolazione che almeno non ci sarà più il pericolo di pipì zampillante.
Essere mamma di un maschio è separazione, perchè un giorno spiccherà il volo e ti chiamerà una volta a settimana. E proprio il fatto che non ti chiami 3 volte al giorno significherà che hai fatto un ottimo lavoro.
Essere mamma di un maschio è mistero, perchè lui è altro da te. La sindrome premestruale avresti anche potuto capirla, il testosterone è invece un modo sconosciuto fatto di barbe, pomi d’adamo e polluzioni notturne.
Essere mamma di un maschio è meraviglia e scoperta, perchè in fondo i maschi mica li avevi capiti così bene.
Essere mamma di un maschio è responsabilità e onore di crescere un uomo per bene.

 

3 commenti:

  1. Sai Raffaella, è bello vedere come davanti alla stessa cosa si provino emozioni differenti. Io questo post l'ho trovato poetico e nello stesso tempo disperato di quel l'amore viscerale che solo una donna, che solo una madre sa provare.
    Non ho avuto l'esperienza della genitorialità, non so che si provi veramente verso un figlio, e penso che ognuno lo viva diversamente; eppure in questo post ho visto gli occhi di mia mamma ottantottenne, che cammina faticosamente, che mi guarda con i suoi occhi velati dalla cataratta, ma pieni di un amore che mi stupisce sempre.
    Ecco, in questo post ho visto lei, che finalmente ha trovato il suo equilibrio fra volermi li e lasciarmi andare senza rimanerci affranta.

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  2. A me il post sembra molto poetico e non mi da le sensazioni che descrivi tu. Mi disturba solo la questione della chiamata una volta a settimana, anzichè tre o dieci. Perchè l'indipendenza e l'autonomia, l'essere una persona risolta, non si misura in numero di telefonate o ore di presenza. Si misura in capacità di scegliere la propria vita curando anche gli affetti, nella sensibilità di capire chi ti ama e mantenere il legame, pur vivendo la propria vita. E questo può voler dire sentire i genitori tutte le sere o una a setimana, a seconda delle persone diverse che quella mamma e quel figlio sono. Insomma, come tutte le generalizzazioni, rischia di porre come verità ciò che non lo è e di far sembrare il raggiungimento della autonomia un momento di distacco totale, mentre forse l'intento della autrice era ben diverso. Chissà.

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  3. Interessante prospettiva, la tua. Anche io non ho molto apprezzato questo pezzo, diventato virale. Ti dico perchè...
    Non ho mai amato molto le differenze, mi piacciono di più le somiglianze. Chè con la persona che più pensi diversa da te, se ci pensi bene hai più cose in comune, di quelle fondamentali, non di superficie, che cose che ti separano.
    E so che sono poche le differenze fra un maschio e una femmina, mentre molte, quasi tutte, quelle che vengono propinate come differenze naturali, quando sono imposte culturalmente. Persino il nostro modo di interagire con i neonati, il modo di tenerli in braccio, di parlare loro e di stimolare il gioco è diverso, fin dal primo giorno in cui sono sulla Terra. E considerando la grandissima capacità dei bambini di capire le aspettative e conformarsi all'immagine che gli adulti hanno di loro, direi che il gioco è fatto. Sembra natura, ma è in molta parte la cultura a plasmare i nostri piccoli.
    Mi batto, come psicologa, perchè si possano amare gli esseri umani nella loro essenza, e perchè si possa iniziare a giocare al gioco delle etichette e delle "differenze" il più tardi possibile.

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