Il mio personalissimo viale alberato

Settembre è il nono mese dell’anno secondo il calendario gregoriano, conta trenta giorni e si colloca nella seconda metà del calendario civile.

E questo lo sapevamo già.

I segni zodiacali sono la Bilancia e la Vergine, e vivevamo ugualmente anche senza queste informazioni, e le sue stagioni sono l’estate e l’autunno.

Ed è qui che trovo da ridire.

Sì, perché Settembre è l’ultimo mese dell’estate e il primo dell’autunno.

E qui io comincio proprio a spazientirmi.

Leggo in giro del rapporto di genesi che molte hanno nei confronti di questo mese.

Settembre il mese catartico, Settembre capodanno purificatore, Settembre mese della vendemmia.

Personalmente non ho alcuna particolare empatia nei confronti di questo mese, semplicemente ci ignoriamo.
O meglio, essendo una che si stanca presto delle cose, vedo in Settembre e nei due mesi successivi qualcosa di sgradevole da sopportare per giungere, finalmente, al mese da me preferito, Dicembre, portatore dell’evento più importante dell’anno, il Natale.

Inoltre, la mia natura tendenzialmente impaziente mal sopporta la fine lenta delle cose.

 Se l’estate è finita è finita, inutile girarci tanto intorno, che venga sto benedetto autunno che così ci avviciniamo al Natale.

In altre parole ti devi decidere, o sei l’ultimo mese dell’estate o sei il primo dell’autunno.

Non è che puoi stare là in mezzo per l’eternità in bilico tra l’essere una cosa o l’altra.

Non che non ami i colori del Settembre, il suo lento volgere alla stagione di mezzo, la nitidezza del cielo e dell’aria che sembrano aver compreso il bisogno di rugiada.

Amo che il giallo si trasformi in rosso, che la campagna si prepari a un sonno ristoratore, l’odore della terra che cambia.

Avete notato come cambia la limpidezza della luce?

Sì, cambia. Come cambia la trasparenza del cielo diventando più nitida, più tersa.

E’ come se definisse i contorni delle cose imprecise, mettesse a fuoco le stesse in maniera più chiara.

Ecco, sì, bisogna riconoscere a questo mese la capacità di spazzare via polveri sottili per far posto alla focalizzazione delle cose da affrontare.

Questo non toglie che mi agiti nel vedere ancora sparsi i vestiti estivi, che io sbuffi per le escursioni termiche del mattino e della sera, insomma, che scalpiti per darci un taglio.

E’ che tutto sa di uva, di gesti lenti da rifare, di maglioni da infilare.

Tutto sa di nuovo di foglie, di aria che punge.

Di terra bagnata, di fine e di inizio, di sole debole e sere corte.

E’ questa lenta trasformazione a mettermi a disagio, il passaggio pigro di una stagione che mi ricorda una morte graduale.

Questo mese mi fa pensare anche al Mercoledì: un giorno dall’apparente precarietà posto nel mezzo della settimana, sbattuto là, che non sai se è carne o pesce, una parentesi in mezzo a due cose.

 Ci ho scritto anche un racconto sul Mercoledì, “Inaspettatamente, Mercoledì”.

Eppure, la cosa più bella della mia vita è venuta al mondo proprio in questo giorno.

Bislacca la vita, no?

E’ forse il caso che io riveda il mio rapporto con Settembre, allora.

Voglio dargli un po’ di fiducia e vederci dentro la rinascita che forse porta.

Aspetterò buona, buona, seduta davanti alla pioggia che cade, all’acqua che scivola via e lava e purifica. Guarderò il nascere della brina, tacendo le impressioni e annusando nuovo tempo.

Cavalcherò indolente il molle involversi delle stagioni, comodamente avvolta nel mio plaid e intanto penserò:

Di che colore farò il mio albero di Natale, quest’anno?