Quando il male ci somiglia, fa più male.
Quando il male non arriva dai brutti e cattivi, sporchi e“diversi”, ci sgomenta e ci spinge
verso l’abisso dell’incomprensibile, del tutto è possibile, niente prevedibile.
Giù, giù, verso il baratro dell’impenetrabile.
Le favole ci hanno insegnato che il male è riconoscibile in qualche
modo. Nessuno ci aveva preparato all’eventualità che Geppetto potesse, un
giorno, sgozzare Pinocchio, o che il padre dei tre porcellini, potesse uccidere
una ragazzina e far finta di nulla per tre anni, raccontando un modo di bugie,
di rapporti familiari ambigui, di figli illegittimi, di doppie vite.
Tutto questo male sembra una guerra senza fine. Il rapporto Eures-Ansa
prova che la famiglia è il contesto in cui avviene il maggior numero di
delitti. Ammazzano più padri di famiglia che i protagonisti di Gomorra.
E l’orrore di questo male sta proprio nella banalità dei suoi
interpreti: persone normali.
Ieri, leggendo questi due articoli, diversi ma entrambi molto belli,”Un papà con una vita normale non ammazza”
e “Lettera ad un uomo mai nato”
riflettevo:
riflettevo sui segni lasciati sul mio corpo dal sole della Sicilia, dal
bianco dei lacci del costume.
Prima di Daniele non c’erano. Prima di Daniele c’era il sole e l’ambra
di un’abbronzatura presa quasi fosse un lavoro, stesa sulla spiaggia, a
riposare, a leggere, a sonnecchiare. Con Daniele ci sono segni ovunque, e corse
sulla spiaggia e castelli di sabbia e braccioli e risate e fatica, di quella
che ti riempie il cuore, gonfiandotelo.
Con Daniele non c’è tempo. Il tempo è scandito dalle sue esigenze, prima
che dalle mie, dai suoi bisogni.
E quel poco tempo che c’è, corre in fretta. Non ha premura di attendere
i tempi miei. Possiede urgenze diverse. Possiede l’impellenza tipica del
diritto. Il diritto a non conoscere la tristezza, il diritto a desiderare,
sperare, scegliere, credere. Il diritto di un bambino ad essere felice.
Con Daniele ci sono orari da rispettare, capricci da far sfogare,
abbracci da dare e tentativi di dosare regole e amore. I mojito sono più
leggeri ed hanno un sapore diverso.
Anche il tramonto sul mare ha un colore differente. Perché si spera che
quella bellezza sia per sempre, per sempre visibile, per sempre salvezza, capace
di fargli vedere oltre un mondo fatto di pece.
Perché tu lo sai, tu che metti al mondo un figlio, quando ci riesci, lo
devi sapere che non sarà più come prima.
Tu, non sarai mai più come prima. Cambieranno le prospettive, le
priorità, i pioli delle scale dei tuoi
valori.
E’così, dalla notte dei tempi. Senza retorica, senza possibilità di
fuga.
Quella creatura che hai messo al mondo verrà sempre prima. Prima della
stanchezza, prima dei giramenti di coglioni, prima della voglia di andartene.
Prima.
Quando comincia questo “prima”, non lo so con precisione.
Per qualcuno nella pancia, per qualcuno, dopo, per qualcuno con il
tempo.
Ma a un certo punto il prima ed il dopo si dividono, nettamente. Diventano
uno spartiacque, diventano, bivio.
“Ti ho guardato, odoravi della mia
pancia, del mio dentro, eppure ho sentito subito che eri già una persona
autonoma”, una persona che, verrà sempre prima dei miei desideri.
Questo è normale.
E’ normale avere paura, è normale sentirsi inadeguati, è normale cercare
quello che si era prima.
E’normale, sentirsi felici, accarezzandoli.
E’ normale morire e rinascere con il proprio figlio. Con lui muori come
persona unica, come figlia/o, e con lui nasci come persona nuova.
E’normale cercare con ogni poro della propria pelle di difendere quel
figlio per cui, è normale, ti faresti uccidere.
“Mi capita di
spiare certe madri "emancipate", che guardano i loro figli con facce
tristi, perplesse. Come mai, mi chiedo, questi figli tanto voluti, poi, non
danno nessuna felicità? Non godersi i figli, che spreco. Poco spazio per
l'anima, che peccato. Perché poi dove stanno i figli? In una certa arcaicità
che non dobbiamo smettere di rivendicare, quella semplicità che sembra
diventata una fatica. Ai figli bisogna lavargli il culo, raccontargli una
favola, bisogna fargli il sugo buono, e riempirli di baci.
Perché poi non basterà il cellulare per seguire i loro spostamenti. Crescono in fretta, diventano adolescenti dagli occhi in fuga e dai passi strascicati. E spuntano quei delitti epocali, che segnano la nostra coscienza, la fanno sanguinare. Mattanze che s'appoggiano come un macabro santino sulla porta delle nostre case. Insieme alle domande. La madre era feroce, diabolica? No, era una donnina aggraziata. Il padre era uno stupratore? No, il padre aveva un cappotto, si alzava il bavero e andava a lavorare. Era tutto qualunque, tutto decente. Era dentro. Era dentro nel nostro mondo senza mosche”.
Perché poi non basterà il cellulare per seguire i loro spostamenti. Crescono in fretta, diventano adolescenti dagli occhi in fuga e dai passi strascicati. E spuntano quei delitti epocali, che segnano la nostra coscienza, la fanno sanguinare. Mattanze che s'appoggiano come un macabro santino sulla porta delle nostre case. Insieme alle domande. La madre era feroce, diabolica? No, era una donnina aggraziata. Il padre era uno stupratore? No, il padre aveva un cappotto, si alzava il bavero e andava a lavorare. Era tutto qualunque, tutto decente. Era dentro. Era dentro nel nostro mondo senza mosche”.
“Perdo coraggio,
indietreggio. Come faccio a difenderti?”.
MARGARET MAZZANTINI
Questo è normale, che un genitore si chieda.
Sono tornata.
prima di tutto ben tornata! le tue parole colpiscono sempre nel segno...quante domande in questi giorni, ci stiamo facendo noi genitori....a me sembra tutto un mondo fondato sull'apparenza e soprattutto che mondo lasceremo ai nostri figli?
RispondiEliminaNon lo so Francesca, non lo so davvero. Mi sembra un mondo impazzito. Certe cose non si possono sentire. Fanno male solo ad immaginarle nei film, figurasti nella realtà.
Elimina"Quando comincia questo “prima”, non lo so con precisione. "
RispondiEliminaIo lo so quando è iniziato per me questo prima ... molto molto prima che restassimo incinta, tra ormoni e provette.
Che belle le tue parole Raffaella.
Laura
Cara, lo so. E pensare che qualcuno possa solo pensare che i figli siano un ostacolo, un freno, oltre all'orrore, mi fa suscita rabbia per tutti coloro che non so cosa farebbero per averli.
EliminaBentornata :*
RispondiEliminaQuando parli di tuo figlio scrivi poesie bellissime..mi hai trasportato con voi sulla spiaggia. E' veramente orribile quello che stiamo ascoltando in questi giorni..io oramai guardo pochissimo la televisione, soprattutto perchè non riesco a sopportare notizie di questo tipo. Purtroppo, i bambini non hanno nessuna forma di protezione contro questi mostri.
RispondiEliminaNon aggiungo altro alle tue splendide riflessioni. Anch'io sono sconcertata, tante cose si può provare a comprendere, ma non queste. No. Io che guardo i miei figli e non riesco proprio a immaginarmi senza di loro, al di fuori di loro. Un abbraccio Raffaella, Claudia
RispondiEliminaSapessi quante mogli vengono da me e mi raccontano di mariti e padri che si ubricacano, che picchiano, che minacciano e urlano..e a fuori, quando li incroci in paese, non lo diresti mai.
RispondiEliminaHo paura.
La vita, però, è più forte della paura e sun quella dobbiamo concentrarci, come i bimbi ci insegnano.
La vicenda e' scioccante se penso a quell'essere li, provo solo tanta cattiveria nei suoi confronti.
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