venerdì 31 ottobre 2014

Nessun raptus, solo cattivissima violenza


Non so cosa lei abbia pensato quando lui le ha inferto i primi colpi. Quando le si è scagliato contro con la furia malvagia di chi vuole sopprimere, dominare, strappare. Che uno pensa che la barbarie si manifesti solo al di fuori dei propri confini. Più in là, più in là, in un posto lontano, in luoghi desolati, in case caratteristiche, dove i muri raccontano violenze domestiche e singhiozzi sommessi. Le bambine di là, chiuse nella stanza perché non sentano che il papà sta uccidendo la mamma. Forse questo deve aver pensato, mentre lui l’accoltellava. Fa solo che non sentano, fa solo che dormano il sonno più profondo e che il risveglio non sia tragedia che segna il loro destino. E forse ha lottato. Sì, ha lottato, contro quei colpi mortali.

E così mentre ti ritrovi a leggere i giornali come fai ogni mattina, tu che hai sempre studiato i casi di femminicidio, che conosci lo stolking che, odi la sopraffazione in ogni sua forma ti soffermi a fissare la fotografia di una donna i cui occhi hai incrociato per le vie della tua città, forse al parco, forse in profumeria, forse chissà e una morsa ti chiude lo sterno. Manca il respiro, manca l’aria, manca la forza anche per riflettere.

Trentasei anni, madre di due bambine, di due e sette anni, uccisa a coltellate dal marito di trent’anni più grande nella cucina della loro casa. Una casa poco distante dalla mia, davanti alla quale sarò passata miliardi di volte, un palazzo che conosco bene. E tutto si amplifica. La rabbia, il dolore, le lacrime. Per una donna, per una madre, per una persona, che non conoscevi, un viso, tra i tanti che incontri ogni giorno.

E ti fermi a pensare che sei madre di un figlio maschio. Che tocca anche te, cercare di cambiare questa cazzo di cultura che consuma il cervello e perpetra, in ogni luogo e in ogni epoca, l’oppressione per antonomasia, il governo dell’uomo sulla donna. Insegnare la cultura del non possesso, che le cose e le persone non si posseggono. Imparare a non giustificare, difendere, proteggere ad ogni costo. Imparare a gestire il dolore dei nostri figli, stando accanto in silenzio, di modo che imparino ad accettare la sofferenza dell’addio. Che non si può, non si deve, non è pensabile esercitare il potere del più forte, fisicamente, psicologicamente ed economicamente perché il comportamento di un altro essere risponda ai nostri desideri. Per quanto doloroso, posso essere. Dovrebbe essere esercizio quotidiano, dai banchi dell’asilo.

Poche regole. I gioghi che si usano, si ripongono al loro posto. Non sono i nostri. Se lei non vuole più giocare, si smette il gioco. Ci devi stare. Puoi piangere, specialmente se lei è speciale, ma non puoi trattenerla.

Non è difficile. Eppure: ” Gli omicidi basati sul genere si manifestano in forme diverse ma ciò che accomuna di più tutte le donne del mondo è proprio l’uccisione a seguito di violenza pregressa subita nell’ambito di una relazione d’intimità. Queste morti “annunciate” vengono spesso etichettate come i soliti delitti passionali, fattacci di cronaca nera, liti di famiglia. Le donne muoiono principalmente per mano dei loro mariti, ex-mariti, padri, fratelli, fidanzati o amanti, innamorati respinti. Insomma per mano di uomini che avrebbero dovuto rappresentare una sicurezza. I numeri in Italia sono impietosi: muore di violenza maschile una donna ogni due o tre giorni”.

2 commenti:

  1. terribile. Quello che scrivi è vero, verissimo. E anche io sento questa responsabilità, da madre di figlio maschio.

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  2. C'è qualcosa di molto malato in tutto ciò, molti definiscono "normali" tragedie del genere ed e' raccapricciante perché e' come se esistesse una causa che arma la mano di chi uccide. Si cerca il problema fuori della persona e così non e'. Nel mio piccolo mi batto con tutte le mie forze per non vedere casi di sopraffazione di nessun tipo e genere, e cerco di trasmettere questo ai miei figli. Occorre una doppia cultura: rispetto verso gli altri e capacità di farsi valere, urlare e combattere per se stessi e per la propria vita, di cui nessuno deve avere in mano il destino che non siamo noi!

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