Il
mio approccio all’anno nuovo somiglia a quello di chi si appresta a leggere
l’oroscopo di Paolo Fox. Del tipo, reverenzial- scaramantico: non credo a
quello che dirai sull’acquario, ma se pronuncerai cose negative, mi guasterai
l’umore per l’intera giornata. O quello di chi si accinge a maneggiare un
ingrediente culinario prelibato e delicato che al minimo errore, si può
guastare come niente. Come quando apri il forno e smosci il sufflè. Il mio
approccio all’anno nuovo somiglia all’andatura di un pachiderma dentro un
negozio di cristalli: se mi muovo troppo, rompo irrimediabilmente qualcosa. Quindi,
preferisco la staticità, almeno per i primi mesi.
E
vivo la fine dell’anno, come chi subisce la fine di un amore subita, appunto.
Non ci si può fare gran che, ma si va avanti. Così è la fine di un anno, non ci
si può far niente, ma ci permette di andare incontro a quello nuovo. Poco
importa se il rapporto che si è avuto con l’anno passato sia stato idilliaco,
c’è che finisce, ma ci sarà altro.
Che
poi si ricorderanno momenti, emozioni, pianti o sorrisi, indipendentemente dal
mese o l’anno in cui li abbiamo provati. E il bisogno di incasellarli dentro
una data precisa risponde alla necessità di trovargli un posto che il cuore
sorvegli.
Il
mio anno è stato bello. Alti e bassi, ma bello.
L’amore
viscerale per mio figlio ha scandito le albe e i tramonti. Mi hanno cinto braccia
che mi amano e presenze che, prego mi accompagnino il più a lungo possibile, mi
hanno protetta.
Ma,
essere felici, quando si è felici, è esercizio assai semplice. Diversamente, se
hai avuto un anno di merda, speri solo che il destino si accanisca contro una
pietra o un sasso ma che volga lo sguardo altrove.
Però
ho imparato che il pezzo di destino che abbiamo davanti può avere un sacco di
sorprese. E quando ho momenti no, mi vengono sempre in mente le parole della
mia mamma: “Quello che non succede in un anno, può succedere in un’ora e vale
sempre la pena vedere come va a finire”.
Pare
che la vita abbia un ritmo proprio, spesso indipendente dalla nostra capacità
di ballarci sopra. Il problema è che, come il gatto Scatt-Cat degli
Aristogatti, tutti vogliono fare il Jazz, anche quando la vita ti propina
samba, rumba e rock and roll, polka, rumba e rondò.
E
non sempre si sceglie la musica che si vorrebbe danzare. Però, le scarpe giuste,
quelle le si possono indossare. Perché se ci si mette i tacchi e suona un rock,
è possibile che, se non avvezze al tacco dodici, con molta probabilità si cada.
Il tip-tap viene male se ballato con le converse e il flamenco peggio, se si
indossano sandali infradito.
Quindi,
prima di scendere dal letto ed andare incontro a questo 2015 vediamo che musica
batte; magari sarà il più afro dei jazz, con note swing e blue, magari ci farà
sognare, improvvisando passi più corti delle nostre gambe o lunghi quanto i
nostri sogni. Magari inciamperemo sui nostri stessi piedi, ma, se persone,
peraltro scalze e affatto felici hanno improvvisato la musica di rottura per
antonomasia che, nasce dai campi per alleviare il dolore di chi non dispone
della propria libertà, riuscendo a dare un suono ed un animo allo smarrimento
della vita, allora noi, il minimo che possiamo fare, è mettere le scarpe giuste
e provare a ballare una musica anche senza note.
Poco
importa se abbiamo sbagliato scarpe sino ad ora; la ricerca della felicità
indossa anche le calzature sbagliate degli errori. Ritornare sui propri passi è
un dettaglio che fa grandi.
Il
resto va da sé. Ci sarà l’alternarsi struggente o luminoso di giorni positivi
seguiti da quelli negativi, l’aggrovigliarsi di nodi dall’aspetto spettinato,
ci saranno pause, attese ed emozioni palpitanti sottopelle.
E
silenzi, quelli in cui ritrovarsi, dopo che la musica è finita. Ci saranno
giorni che si terranno la mano in un grande cerchio fino a formare un anno intero
di ore lente. Notti che ruberanno altro sonno e regaleranno i centimetri
dell’infanzia di un bimbo sempre più lungo, sempre più sveglio, sempre più
fondante, all’oblio della spensieratezza. Ci saranno cose.
Che siano buone, queste cose. Che
sia un buon 2015. Che sia buono, anche per chi usa mettere gli stivali con lo
smoking.
Che bel post, che bella metafora!
RispondiEliminaGrazie Raffaella, che sia un buon 2015 anche per voi! (scivoliamo e balliamo su questo ghiaccio splendente, usiamo il nostro fiuto per evitare le crepe e speriamo in bene)
Il tuo punto di vista è sempre meravigliosamente poetico!! Felice anno nuovo Raffaella, io intanto rimango scalza poi vediamo... :-)
RispondiEliminaSei grande. Ti abbraccio, felice anno nuovo per noi acquarie :)
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