Buon martedì a tutti, gente.
Questo post partecipa al blogstorming di “genitori crescono” e il tema
del mese è appunto”l’insostenibile leggerezza dell’estate”. O meglio parteciperà
al blogstorming se “genitori crescono”lo accetterà. In caso contrario, avrò comunque detto quello che avevo in mente da un po’ e che cade a fagiolo nel pentolone dell’estate!
Vi siete mai chiesti, dove vadano a finire tutti i litri di acqua che
perdiamo durante la traspirazione, (per altro poco signorile) e con l'acqua dove vada a morire quel pò di raziocino che rende la nostra
razza più umana rispetto alle altre?
Il basilico sul mio davanzale, quello da me bruciato perché gli ho
avvicinato troppo il tubo di scarico del condizionatore mobile se lo chiede,
insieme alla salvia. Il bonsai invece non ha più domande. Io me lo chiedo
ripetutamente. Specialmente d’estate, specialmente quando il caldo sembra
liquefare l’asfalto di certe strade, di certe azioni, di certi comportamenti.
Oggi vorrei scrivere di un tema a me caro e provo a farlo prendendo in
prestito la leggerezza dell’estate, la sua tenue levità per trattare un
argomento che di delicato non possiede il ben che minimo dettaglio.
L’abbandono estivo del proprio compagno. E lo faccio d’estate, lo
faccio usando lo strumento del blogstorming lanciato dal blog “genitori
crescono”nella speranza che una voce in più possa unirsi al coro di che voce
non ha e crescere un po’ di più, come mamma e come persona, quel tanto che
basta per tentare di rendere il posto dove viviamo, un luogo migliore dove far
vivere mio figlio.
Quindi con leggiadria, smonterò come un mattoncino lego la dignità di
chi commette un abbandono immaginando di tirarglielo dietro, al centro della
testa, che tanto dopo un gesto del genere, l’assemblaggio verso la
ricostruzione della propria moralità sarebbe vano.
Ben inteso, sarò costretta a tiragli il mattoncino da dietro e non di
fronte, perché è lui che scappa come un codardo volgendo le spalle al proprio
animale. Non lo fa guardandolo negli occhi, non reggerebbe lo sguardo. Lo fa
gettandolo da un finestrino o lasciandolo in autostrada e rimontando velocemente
in macchina, sbirciando dallo specchietto retrovisore con viltà.
Con la pesantezza di una piuma racconterò di un gesto ignobile e di
come questo gesto, che condanna l’uomo alla vergogna e l’animale alla
sofferenza, rompa la coscienza e il senso di appartenenza a un mondo civile.
Mio figlio, figlio unico, ha un fratello, un fratello peloso.
Il cucciolo d’uomo non si discosta molto dal
cucciolo di cane, tranne che per l’espletamento delle attività fisiologiche che
il primo fa nel pannolino, mentre il secondo possibilmente in mezzo all’erba. I
due vivono in simbiosi. I diritti dell’uno sono anche i diritti dell’altro, visto
che quando ci sono meno diritti, ci sono meno diritti per tutti e basta e che
meno diritti per gli animali non equivale a più diritti per gli umani. Il
cucciolo d’uomo non crede di essere superiore al cane, in base alla sua razza,
al sesso, o all’appartenenza sociale. Non lo tiranneggia perché lui è biondo e
slavato e l’altro nero a pelo lungo, semmai perché ha una lingua lunga e
leccate irresistibili.
Quello dalla lingua lunga protegge il
cucciolo d’uomo, frapponendosi tra la carrozzina e il resto del mondo e lo ama
incondizionatamente.
Credo che si farebbe uccidere per lui. Anzi
ne sono certa.
Quell’essere peloso, forte, dotato di pensieri e personalità,
sentimenti e in cui aleggia in qualche modo il respiro di Dio, è colui che tu,
uomo con un lego in testa, hai il potere di abbandonare in mezzo ad un asfalto
rovente. Oggi lasci un cane, un coniglio, una papera. Domani lascerai un
bambino, un vecchio, un disabile, con la stessa noncuranza con cui oggi
abbandoni lui.
E lo farai con l’insostenibile leggerezza dell’estate perché è così inconsistente
il tuo essere uomo che anche il basilico bruciato sul mio davanzale possiede
più sostanza di te.
Ti auguro comunque una buona vacanza perché al tuo rientro troverai la
tua faccia dentro allo specchio ogni giorno a venire, finché ne avrai e
camperai con il rimorso di quello che hai perso. Compreso te stesso e la tua
dignità.Questo post partecipa al
< a
href="http://genitoricrescono.com/blogstorming">
blogstorming</a>
Bellissimo post! Soprattutto la conclusione! Non posso che sottoscrivere!
RispondiEliminaLa maggior parte degli animali domestici che ho sono stati raccolti dalla strada e ora sono parte di me, come lo sono le mie braccia o le mie gambe. E tutti quelli che non posso portare a casa (eh, sì, credo che prima o poi a casa i miei sfratteranno me), cerco di aiutarli come posso. Abbandonare un animale è un gesto vile, un tradimento alla fiducia di chi ci ama più di quanto noi potremo mai fare e di noi stessi. Gli uomini sono migliori degli animali? Non ne sono del tutto certa... forse a livello evolutivo, ma a livello morale?
P.S. Hai letto il mio racconto nell'e-book "Vita da cani"?
Lo scarico questa sera da casa. Non avevo capito che avevi partecipato anche tu. Sono di coccio!Curiosa da morire.
RispondiEliminaGrazie