Ieri nella provincia della mia città è successa una tragedia.
Di quelle che nessun orecchio vorrebbe sentire, nessun cuore sopportare.
Un bambino giocando, si è impiccato.
Non trovo un senso, non trovo pace.
Qualcuno dia la forza alla sua famiglia per sopravvivere al dolore.
Io racconto solo storie per esorcizzare il mio.
Questa è la storia di Cora e del marinaio:
"Il cielo si riprese Cora che non aveva
neppure cinque anni.
Una bimba strana Cora, dal Karma ancora
più singolare. Secondo le leggi del Karma, l’universo mantiene sempre le regole
dell’equilibrio, perciò questo concetto antico è inseparabile dalla teoria
delle reincarnazione. E siccome il cielo nello strano caso di Cora aveva creato
un certo disordine, come solo le morti dei bambini sanno provocare, l’ordine
precostituito andava ristabilito al più presto.
Anche in cielo Cora fu la stessa bambina
di sempre. Una strana bambina, dalla curiosità e dall’entusiasmo inarrestabili;
era un concentrato di energia positiva, un vulcano in erba e possedeva
l’argento più vivo di una fiamma ardente.
Poiché era difficile arrestare la sua
vivacità, i ministri del cielo decisero di impiegare Cora in una qualche
attività, fino a che non fosse arrivato il momento della sua rinascita, con la
duplice funzione di placare il suo
ardore da un lato e, dall’altro, di renderla utile alla vita del cielo. Così
misero Cora nel comitato di accoglienza dei nuovi piccoli arrivati. Il comitato
aveva il compito di dare il benvenuto ai bambini giunti in cielo, di metterli a
proprio agio, di prepararli dolcemente a distaccarsi dalle cose terrene
rendendoli capaci di lasciare indietro le proprie mamme.
Cora si rivelò bravissima nel compito; era
dolce come il più dolce degli angeli, gaia e serena, soave e pura come il più
angelico dei putti. Sorvegliava, proteggeva ed aveva cura di tutti come fossero
i suoi stessi fratelli. Ma, essendo il suo entusiasmo ed il suo ardore ai
limiti del contenibile, ben presto Cora andò oltre i propri compiti e anziché
indurre i bimbi a distaccarsi dalla terra, li incitò, al contrario, verso
il ritorno.
Quando le capitava di trovare un bambino
inconsolabile per la sua dipartita si prodigava ad inventare storie terrene per
lui, raccontando di oceani infiniti e distese di fiori, di praterie, di amori e
di uomini. Raccontava la quotidianità di una terra lontana. Raccontava la vita.
Ma più di tutto, raccontava del mare.
Di tutte le cose lasciate sulla terra, il
mare era quella che le mancava di più. Era nata sulla spiaggia di un’ isola
circondata dal mare indiano, tra i coralli e gli anemoni di una barriera
corallina ancora intatta. Dormiva ninnata dallo sciabordio delle onde, risvegliandosi
al mattino, quando il sole colorava di rosso un nuovo giorno.
Che bella che era l’alba laggiù sulla terra, quando la notte partoriva la luce ed il mare si increspava dinanzi, come a battere le mani augurando il bene di un nuovo giorno. Che bella che era la sabbia, impalpabile e infinitamente piccola come i sogni di una bambina di cinque anni.
Su quella spiaggia Cora lasciò il suo
amico mare, richiamata, forse per errore, al suo punto d’origine.
Ben presto, però, i racconti di Cora
fecero breccia nei cuori degli altri bambini che, mossi dalla descrizione dei
posti narrati, chiesero di essere rimandati indietro a finire quello che
avevano lasciato in sospeso, una vita da vivere.
I ministri del cielo, preoccupati per una
possibile sommossa, decisero che, non potendo stravolgere le leggi
dell’universo anticipando per tutti i richiedenti una reincarnazione, avrebbero
fatto un’unica eccezione in favore di Cora. In tal modo avrebbero posto fine
alle bizzarrie della ragazzina che, suscitando i desideri esiliati di una terra
abbandonata, comprometteva la quiete celeste.
Fu però più facile a dirsi che a farsi,
poiché, al momento della decisione, nessun corpo dello stesso genere di Cora si
presentava adatto ad essere abitato dall’animo di una bambina di cinque anni.
Fu così che i ministri dovettero optare per un compromesso: l’anima di Cora
sarebbe vissuta nel corpo di un buffo marinaio attualmente in fin di vita a
causa di un colpo subito al capo. Il marinaio aveva posto un piede in fallo
sopra il pavimento appena lucidato, scivolando a prua. In realtà il marinaio
non era esattamente un esperto e valoroso uomo di mare quanto piuttosto, un
semplice mozzo senza alcun grado addetto a svolgere i servizi più semplici di
una nave cargo.
Il marinaio, che prima dell’ingresso
dell’anima di Cora nel suo corpo, non brillava ne per intelligenza ne per personalità, proprio a causa di questa sua
tipicità, era stato preso a servizio sulla nave, grazie alla bontà d’animo del
capitano, sempre bendisposto verso il prossimo, in special modo verso un
prossimo svantaggiato. E il marinaio sfortunato lo era stato davvero, sin dalla
nascita. La sua età anagrafica non aveva mai coinciso con quella mentale,
essendo quest’ultima in perenne ritardo rispetto alla prima. Lo scorrere del tempo,
a differenza degli altri essere umani, non lo aveva maturato: era rimasto un
frutto acerbo. Anche il suo corpo lo
aveva tradito, diventando più grosso del normale; grande e grosso fuori, come
un gigante buono, immaturo ed infantile dentro, come un ragazzo adolescente.
Per questa sua caratteristica il marinaio
era stato deriso, beffeggiato, preso in giro. Eppure, tutte le calunnie subite
non erano riuscite a scalfire il suo cuore puro.
Quando Cora entrò nel marinaio si trovò
subito a suo agio. Era meraviglioso essere di nuovo in vita e ancora più
meraviglioso essere di nuovo così vicina al suo amico mare.
Cora lavorava tutto il giorno senza
sentire la fatica, non provava stanchezza, nessun tipo di solitudine; provava
solo un infinito senso di pace e di calore prodotto dall’abbraccio delle acque.
Poteva di nuovo godere dell’alba.
Il suo amore per il mare era struggente:
l’amore tipico di chi, nonostante tutto, non guarda al suo lato brutto, al lato
brutto delle cose in genere, ma continua a navigare sui propri e sugli errori
altrui, felice di farlo.
Ben presto, il proverbiale entusiasmo di
Cora contagiò l’equipaggio, conquistando gli altri marinai e rendendo più lieve
il loro viaggio. Elargiva racconti farciti di sorrisi con una tale naturalezza
e semplicità da pensare che li tirasse fuori bell’e pronti da un cilindro
magico. Gli altri notarono solo un piccolo cambiamento nel marinaio ma lo
attribuirono alla botta in testa, ringraziando il cielo per averglielo
restituito più buono e dolce di prima.
Ma un giorno, forse per un litigio tra il
cielo ed il mare, quest’ultimo decise di reagire tirando fuori tutta la sua
rabbia.
La burrasca oscurò il cielo e fu paurosa e
violenta come la rabbia.
La nave si trovò al centro della collera
del mare.
Il vento
sembrò voler strappare le anime dai corpi. I marinai, fradici fino alle
ossa, sembravano appesi ad un filo sottile, in balia di una morte certa.
In mezzo agli spruzzi e alle onde che
sovrastavano l’imbarcazione fu Cora la prima ad avvistare, in lontananza, una
piccolissima imbarcazione carica di gente di un altro colore.
Capì istintivamente che il mare immortale
la stava ponendo di fronte ad una scelta, concedendole di nuovo un complicato
dilemma esistenziale.
Non c’era tempo per pensare, occorreva
agire e subito. Solo lei poteva rischiare, solo lei poteva salvarli. E lo fece,
coraggiosamente, lottando contro spruzzi e onde. Salvarli tutti, tranne uno. Un
bambino scivolò dalle braccia della madre inghiottito nella gola marina. In
quel preciso istante Cora pregò Dio:” Prendi me, prendi me al suo posto.”
L’intensità della preghiera giunse forte
ed udibile ai ministri del cielo che, di nuovo, dovettero confrontarsi con
l’energia di quella ragazzina. Il problema era questo: se avessero accontentato
Cora per la seconda volta, il ciclo della sua reincarnazione si sarebbe
interrotto, rimanendo, a quel punto, per sempre un angelo, altrimenti sarebbe
stato l’altro bambino a subire la stessa sorte.
Non volendosi assumere questa
responsabilità, chiesero a Cora cosa realmente volesse fare. E Cora scelse.
La burrasca è passata, tutte le navi hanno
raggiunto la riva. L’equipaggio ha perso un solo uomo. Un uomo di valore, un
grande marinaio.
Che bella che è l’alba sulla terra, quando
la notte partorisce la luce ed il mare si increspa dinanzi, come a battere le
mani augurando il bene di un nuovo giorno.
Che bella che è la sabbia, impalpabile e
infinitamente piccola come i sogni del
bambino che una madre grata stringe tra le braccia.
E la piuma di un’ ala di un angelo cade.
E' da ieri quando l'ho sentita che non riesco a smettere di pensarci..non posso credere a certe tragedie, cerco di dargli una spiegazione, si ma perché era solo, non si fanno giochi pericolosi e ca@@ate così, ma e' solo per esorcizzare la paura e per dire al mio cuore "sta tranquillo a te non succederà" eppure non è così. Queste purtroppo sono storie ordinarie, succedono così spesso, da sembrare normali, ma di normale in un bimbo che se ne va non c'è niente. Con lui se ne va una famiglia intera, che costretta a sopravvivere non troverà più pace e qualsiasi parola uno possa dire, sarà sempre di troppo....forse raccontare una favola e' il solo modo.
RispondiEliminaCom'è triste la realtà, ma quant'è dolce la fantasia.
RispondiEliminaAlex V
Corde, cordine e altro sono il mio incubo ...e i miei figli invece le amano e annodano tutto ...sotto stretta sorveglianza ...ma basta un nulla ...no non voglio nemmeno pensarci
RispondiEliminaps. i tuoi racconti sono molto belli
Racconto bellissimo e cronaca terribile :(
RispondiEliminache bel racconto, raffaella.... brava....
RispondiEliminaGrazie del racconto. Amo moltissimo i miei nipotini, non so neanche immaginare cosa sarebbe perdere uno di loro... no, no, farei come la piccola Cora 10000 volte, piuttosto...
RispondiEliminaNon si può dare un senso a certe tragedie ma ci hai regalato uno struggente momento di pace e amore. Un pensiero a questo angioletto sfortunato e a chi lo piange ...
RispondiEliminaci sono tragedie che sgomentano a tal punto
RispondiEliminada costringerci a cercare una spiegazione.
la tua è molto tenera
Grazie per questo racconto. Perché la realtà è spigolosa. Abbiamo bisogno di cuscini così.
RispondiElimina:)
Eh, sì, troppo difficile concepire certe cose. Dobbiamo trovare dei modi per "farne" qualcosa. La storia di Cora è bellissima...
RispondiEliminaanch'io quando ho letto la notizia sono rimasta sconvolta, un pugno allo stomaco, una sofferenza lacerante.
RispondiEliminaGrazie per questa bella storia :)
Raffa io mi chiedo perchè devono accadere tragedie così. Con scenari diversi tanti bambini ogni giorno perdono la vita e mi chiedo perchè. Potrei dire è colpa di questo mondo o trovare tante altre motivazioni. la verità però è che forse una risposta vera non c'è....purtroppo!
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