mercoledì 27 febbraio 2013

L'amore che non salva


Una notizia, un trafiletto in fondo a repubblica.it mi spara un colpo in pieno petto e mi fa trattenere il respiro, spezzandolo.

E’ la storia di Habtamu, bambino etiope adottato nel 2007 e morto a 13 anni, di nostalgia.

Non voglio parlare della legge sull’adozione, di adottabilità, e del bisogno di ricerca delle proprie origini, Elisabetta Dal Piaz lo fa in modo commovente. Ma di solitudine.

Del sentimento della vergogna e della solitudine miscelati insieme come un cocktail esplosivo, tipico di chi è toccato dalla buona sorte al posto di un altro. Il disagio nei confronti di chi non ce l’ha fatta e il timore di perdere la grazia.

La confusione di volere restituire qualcosa che si considera immeritato.

Ho provato spesso questi sentimenti e conosco il senso di colpa che non ti fa godere mai di quello che hai. Perché hai paura che la fortuna si riprenda indietro, sotto altra forma la serenità, perché pensi di non essere all’altezza del dono ricevuto, perché sei abituata a credere in un’equa ripartizione della gioia.

Ricordo il giorno del suicidio di Primo Levi 11.04.1987.

Avevo 17 anni e nello stesso mese dello stesso anno un mio caro amico perdeva la vita in un incidente stradale, cambiando il corso del senso alle cose intorno.

Un uomo anziano si toglieva la vita e uno giovane la perdeva, non aveva molto senso per me allora.

Una sbagliata ripartizione dell’infelicità.

Il suicidio è un atto che mi ha sempre sedotto. Un amante maledetto che strega e plasma a sua immagine e somiglianza. Soprattutto a 17 anni.

Da una parte, decidi tu quando e come uscire di scena, dall’altra, è un affronto imperdonabile nei confronti della vita che credi di poter piegare, a quell’età.
 
Le ragioni di un suicidio sono sempre insondabili, le puoi solo dedurre, nessuno tornerà indietro a dirti perché ha scelto di morire.

 
Eppure, non so come spiegarlo senza sembrare una pazza che giustifica il suicidio, comprendo di pancia, il vuoto dell’oppressione.

 
 Quello di cui parla Primo Levi nei “Sommersi e i salvati” o in “Se questo è un uomo”.

 
"Noi sopravvissuti siamo una minoranza anomala oltre che esigua: siamo quelli che, per la loro prevaricazione o abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo”. 
 

E qui torna il senso di solitudine e di smarrimento, per l’autore per essere stato testimone dell'indicibile, per Habtam per essere salvato al posto di un altro.

E il senso di colpa o vergogna o di inadeguatezza si amplifica se sei adolescente, se non hai risposte, se non appartieni a nessun posto, se ti porti dentro il male di vivere.
 
Se pensi di sopravvivere alla morte.

  

Ma forse il suicidio resta il dramma dell'impotenza, “perché non si può fare quasi niente per chi ha deciso di andarsene. Anche quando lo si ama profondamente”.

 
L’amore non salva, sempre.
 
Tommy, Roberto Vecchioni.
 
Tommy era lì davanti
e sorrideva
ma sul quel piatto di riso
mi lasciava
per non farsi capire
parlò dei denti
e che avevo bisogno
di altri appuntamenti.
Se l'hai messo vicino
a un assassino
toglilo di lì Signore.
Tommy non aveva niente
da sognare
aveva già passato tutto
il suo avvenire
nel suo giardino degli alberi incrociati
dove i dolori non sono segnati.
Notte lunga notte breve
notte impossibile per la neve
notte nera come il mare
notte che correvo senza mai arrivare.
Ora facciamo due conti
io e te Signore
quel giorno Tommy tirò
una corda al cielo
poi non si vide più
non c'era niente
così metterla al collo
gli sembrò divertente
ma Tommy è smarrito
così piccino
che non puoi abbracciarlo... almeno.
Fa che sia una notte breve.
Fa che l'inverno gli sia lieve
quando poi sarà il momento
digli che io c'ero e non ho fatto in tempo.
Dagli un attimo di madre
contro i tuoi regolamenti
fallo, tanto chi ti vede
toglilo dai miei che ne ho già avuti tanti.

 

 

 

13 commenti:

  1. Avevo letto questa notizia qualche giorno fa e anch'io sono rimasta molto colpita. Non saprei nemmeno cosa dire. Anzi un po' invidio chi, come te, riesce a trovare le parole. Mi unisco alla tristezza.

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  2. Quello che hai scritto sul suicidio è esattamente quello che ho sempre sentito anch'io, ma non sarei mai stata in grado di scriverlo così...

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    1. @adriana:si Adriana, infinita tristezza.
      @ Ilaria:allora non sono matta. E' bello quando qualcuno prova i tuoi stessi sentimenti.
      Grazie

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  3. Bellissimo post. Anche io sono rimasta davvero colpita, tanto più che a breve nella mia famiglia arriveranno due bambini adottivi. Speriamo che vada tutto bene. Igraine

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    1. Ben venuta qui. Si, andrà bene. L'amore non salva,sempre, ma molte volte, sì.

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  4. Tristezza infinita bisognerebbe trovare le parole ma non ci riesco

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  5. Capisco il senso di vuoto, di impotenza, di bocca secca davanti a questi eventi.
    La vita che diventa pesante, impossibile da portare avanti è un'esperienza che non tutti, fortunatamente per loro, conoscono. E' un'esperienza devastante, sia che la si superi, sia che non ci si riesca, in mille modi differenti.

    E' qualcosa che ti segna per sempre, e segna le persone che ti stanno vicine, talvolta anche di più, perché loro vivono anche l'impotenza ad aiutare.

    Io credo di aver usato la maggior parte della mia scorta di energia vivendo una situazione così, accanto ad una persona che camminava sull'orlo dell'abisso. L'immagine che ho oggi di quel periodo è di aver attraversato una palude terribile, e di essere arrivato dall'altra parte per fortuna e non per capacità. Ma chi è arrivato di là non erano le stesse persone che sono partite.

    Non so che dire: solo molto dolore.

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    1. Mi hai fatto ricordare la convivenza con chi cammina sull'orlo. Eravamo molto giovani e io non avevo gli strumenti per stare accanto a chi volevo bene. Non sapevo come aiutare, come lenire il dolore di una perdita causata. E' stato terribile e mi ha segnato. Per fortuna oggi dall'altra parte, nel nostro caso, c'è una persona ricomposta. Forse irrisolta, ma bella. Fortuna, caso, destino.
      Ti abbraccio e grazie per le cose che dici e per come le dici qui.

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  6. Speriamo davvero. Non sono io, è una componente della mia famiglia allargata. Io spero di poter aiutare...Igraine

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  7. una notizia davvero sconvolgente. E ora mi chiedo come andranno avanti i suoi genitori? come si sentiranno? forse di non aver fatto mai abbastanza....e suo fratello?? a volte mi chiedo se con il male di vivere ci si nasce o è una cosa che ci divora piano, piano...è una cosa che va al di là di tutto e colpisce le persone più sensibili e deboli e a 13 anni debole lo sei davvero.

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  8. Questo è molto più di una tragedia...un pensiero grande per tutti ed un mea colpa di tutti.

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  9. Ciao

    Non avevo letto la notizia, l'ho fatto seguendo il link nel tuo post. Mi si è stretto il cuore, oltre che per la tristissima storia, pensando ad una coppia di amici che proprio fra pochi giorni andrà in Etiopia per adottare un piccino. Poi ho pensato, esattamente come Francesca, a come andranno avanti i genitori, a quali recriminazioni si staranno facendo...

    Grazie per questa segnalazione e per il tuo bellissimo post, molto profondo.

    Ciao,
    Flavio

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  10. Capisco quello che esprimi nel tuo post e in parte lo condivido.
    Purtroppo, credo che si possa arrivare ad un punto tale di male di vivere da non riuscire più a pensare all'amore che lasciamo e al dolore altrui.
    Ho sempre pensato che ci fosse troppo egoismo, nella scelta di suicidarsi, ma un egoismo inconsapevole e involontario.
    Quando si tratta di bambini, però, temo che entri in gioco anche il fatto che forse non si ha ancora la chiara percezione della morte, del non ritorno definitivo, o almeno, io a 13 anni questa percezione non l'avevo.
    Non credo che ci sia nulla dopo la morte, perciò di fronte a notizie come questa, io provo una pena infinita per chi rimane, non per chi se ne è andato, che non soffre più.
    Quanto a Primo Levi, credo che il fondo lo avesse toccato e non fosse realmente sopravvissuto,umanamente, anche se ancora non lo aveva compreso.

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