Abbiamo bisogno di questo.
Oggi più di ieri.
La lettera che segue è la
lettera d’amore di un padre al proprio figlio. Una lettera di sentimenti. Senza
odio, senza rancore, pubblicata dall’autore, (Vincenzo Novari, amministratore delegato di 3 Italia, sul
profilo di un grande social network). Un messaggio di speranza. Di Fiducia. Per
il proprio figlio e per il proprio Paese.
Eccola:
“Giulio, figlio mio, l’altro giorno mi hai telefonato alle 8 di sera per
dirmi quanto ti angosciasse la verifica di greco della mattina dopo. Venivi da
una settimana nera per te, in cerca come sei di un difficile equilibrio tra i
genitori separati, gli amici e l’amore in conflitto, lo studio e lo sport ormai
inconciliabili.
Forse per la prima volta, a
diciott’anni, tutto ti è sembrato
troppo pesante per le tue spalle. Mi hai detto che non stavi bene, che
avevi provato a studiare tutto il pomeriggio, ma senza riuscirci. Avevi il mal di testa e il cuore nero.
“Papà, domani non
vado - hai concluso – non voglio giocarmi mesi di studio solo perche’ la verifica arriva
in un momento no. La recuperero’ la settimana prossima quando il momento buio
sara’ passato e finalmente mi potrò concentrare sullo studio”.
Ti ho risposto di no.
Ti ho detto che quando scappi la prima
volta, nella vita, prima o poi ce ne sara’ sicuramente una seconda. E
poi una terza. Dopo un po’, diventa il
tuo modo di vivere. Dopo, non è mai colpa tua. Dopo, c’è sempre un buon
motivo per scappare, una persona con cui e’ meglio non confrontarsi, un
appuntamento importante al quale non presentarsi. Ti ho detto che mancavano
ancora quattro ore alla mezzanotte. Quattro ore per provare a fare del tuo
meglio. Anche se non avevi fame, ti ho suggerito di prendere un pezzo di
cioccolato, un po’ di pane e di metterli vicino a Senofonte. E di stringere i
denti.
“Fa’ quello che
puoi - ho insistito – e domattina vai alla tua verifica a testa alta. Non importera’ il
voto. Se sara’ un 5, lo festeggeremo perche’ sara’ un 5 che avrai preso senza
darti per vinto. Ti sara’ costato fatica e dolore, ma sara’ il piu’ bel 5 della
tua vita, molto meglio di un qualsiasi 8 preso la settimana successiva. Ma se
prenderai un 6 o un 7, quello sara’ il piu’ bel voto della tua vita. Te lo
sarai guadagnato contro ogni pronostico e te ne ricorderai per sempre”. Questa
volta mi hai ascoltato. La mattina ero in riunione quando e’ arrivato il tuo
messaggio. La stanza era piena di colleghi alle prese, insieme a me, con
l’ennesima emergenza aziendale di quella che sembra una storia infinita. Non ce
l’ho fatta ad aspettare. L’ho aperto e l’ho letto. C’era scritto: “Ho preso 7 e mezzo. Incredibile. Grazie.
Senza di te non ce l’avrei mai fatta”. Mi sono emozionato.
La mattina dopo ho letto su un giornale la lettera che un’ex collega (ci eravamo
incrociati per poche settimane in Omnitel, io Direttore Marketing, lui
Direttore del Personale) aveva scritto a suo figlio. Adesso questo ex-collega,
dopo una carriera importante, guida un’Universita’ (finanziata coi soldi degli
imprenditori italiani e quindi anche con i miei) che dovrebbe formare i giovani
dirigenti dell’Italia di domani. Giulio, in questa lettera c’era scritto esattamente l’opposto di
quello che ti avevo detto poche ore prima.
Diceva a suo figlio di andarsene dall’Italia.
Diceva che per un giovane di talento non vale piu’ la pena lavorare nel nostro
paese. Che la mediocrita’, il clientelismo, la rissa istituzionalizzata come
unico strumento di confronto, l’impunita’ sono ormai l’unica legge e che le
regole del gioco sono ormai talmente alterate che non vale nemmeno piu’ la pena
di provarci.
Tu sai quanto io ami il nostro Paese.
Continuo ad emozionarmi ogni volta che per lavoro o per piacere lo attraverso
da nord a sud. Però continuo ad incazzarmi ogni volta che vedo il suo
potenziale sprecato. Continuo a discutere, spesso ad accapigliarmi con
Ministri, burocrati e Presidenti vari (quasi tutti a Roma si fanno chiamare
cosi…).
Continuo a non capire perche’ la nostra struttura
pubblica sia al tempo stesso così ipertrofica e così assente, perchè i
meccanismi legislativi siano così ridondanti e perche’ ogni volta che si parla
con i sindacati italiani sembra che l’istinto di autoconservazione
dell’apparato prevalga sempre sull’interesse dei lavoratori. Continuo a non
capire perche’ le nostre televisioni siano invase da pessimi esempi per voi
giovani e nascondano in maniera quasi scientifica quanto di piu’ bello produce
il nostro paese…
Sono tante le cose che mi mandano in
bestia, almeno tante quante quelle che fanno arrabbiare il mio ex-collega, ma nonostante tutto continuo a lottare ogni
giorno, proprio perche’ del mio Paese vedo i difetti, che non sono pochi
e non sono piccoli.
Fra non molto toccherà a te, ai
tuoi amici, raccogliere il testimone. Le
sfide che vi attendono sono enormi, ma forse non più grandi di quelle
che hanno affrontato i vostri nonni, che ereditarono un Paese distrutto dalla
guerra, diviso, penalizzato da un’alfabetizzazione incompiuta e ancora alle
prese con un’identità nazionale incerta.
Certo, le
esperienze all’estero sono importanti nel mondo globalizzato e integrato di
oggi: come fai a competere con inglesi, francesi, tedeschi, ma anche cinesi,
indiani e arabi, se non sai come ragionano? Loro vengono da decenni a casa
nostra per carpire i segreti di un modello che ha punte di eccellenza
riconosciute ovunque, meno che da noi.
A te, Giulio, ai tuoi
compagni della generazione del ’90, dico che il vostro futuro è qui, nel vostro
Paese. A te, Giulio, dico che se non siete orgogliosi del vostro Paese,
anche quando avete legittimi motivi per criticarlo, è difficile essere orgogliosi di voi stessi. La sfida è rimanere
per cambiarlo, questo Paese, dove serve, col tempo che ci vuole fosse anche un
sempre. Ci sara’ tanto da fare, figlio mio, e tocca a voi.
Noi, in effetti, ci
meritiamo un bel 5.
Ti abbraccio,
Papà”.
Personalmente credo che il signor Vincenzo sia troppo indulgente con il
nostro paese e con chi lo abita e che noi italiani non sforiamo minimamente la sufficienza.
Ma il suo amore di padre non è diverso da quello che il collega sente
per il proprio figlio. Non me la sento proprio di biasimarlo perché desidera
che suo figlio lasci questo paese.
Per tanti, troppi motivi.
Eppure, fuggire non è mai una scelta.
A mio figlio:
"Anche tuo padre vorrebbe che tu te ne andassi da qui.
Per viaggiare, per aprire i tuoi orizzonti, perché il tuo talento, di
cui è convinto sarai pieno, possa esprimersi senza limiti. La sua è una forma
di protezione e di amore nei tuoi confronti proprio come quella del professore.
Ma, come l’autore della lettera anche tuo padre non è uno che scappa,
anzi, si inchioda davanti alle responsabilità e non le molla.
So che ti insegnerà a fare lo stesso con amore e pazienza.
Anche lui ti dirà, fa quello che puoi ma fallo bene per te stesso e nei
confronti della cosa che stai facendo, sia essa studiare, lavorare, cucinare,
fotografare o amare. Lo so che te lo dirà perché sono le stesse cose che dice a
me quando, di fronte alle difficoltà, mi divincolo come un pesce prima di spiaggiare
dove devo.
Ma so anche che ti insegnerà a viaggiare e ti inculcherà l’amore per le
valige e gli zaini che a casa nostra sempre pronti.
Sappi che tutti, nessuno escluso, vivono momenti difficili, lutti,
abbandoni, scelte difficili da affrontare. Quando queste cose accadono ci si
sente perduti. E allora si vuole solo scappare, andare lontano, cercare un
posto diverso dove ricominciare o finire.
Separarsi da qualcosa o da qualcuno non vuol dire essere finiti,
significa cercarsi altrove, dentro o fuori che sia. L’impresa non è facile, lo
so bene, ma anche quando ti sembrerà di lottare contro i mulini a vento segui
il tuo don Chisciotte, anche se manchi totalmente del senso pratico del suo
scudiero. La tua mamma lo ha fatto.
Vola amore mio, fatti un giretto sopra il giardino dei tuoi
vicini, se credi che il verde del loro giardino sia più rigoglioso del tuo. Scoprine le sfumature e con lui tutte le tonalità che possiede la speranza.
Scopri quelle del bianco, la luce della neve, immacolata come una sposa e
perfetta e chiara come deve esserlo la giustizia. Scopri il vermiglio, il rosso
purpureo, il fuoco e la passione del sangue e della forza. Mantieni la distinzione
tra il bianco ed il nero ma perdona il grigio.
Vola perché avrai ali grandi.
Ma poi torna dalla tua mamma. E’ qui che ti aspetta.
Ti aiuterà a disfare la valigia".
qualche giorno fa la figlia di una mia amica in prima liceo è stata a casa perchè temeva le interrogazioni, siccome il padre non sarebbe stato d'accordo, gli han cacciato la palla che avrebbe avuto solo 2 ore di lezione per cui tanto valeva stare e casa, ma è stata scoperta.
RispondiEliminaMorale: meglio che la tengo a casa, così non bigia e di sicuro non si rovina la media, tanto gli altri lo fanno sempre. Che delusione! Vorrei che leggesse sta lettera, ma tanto non cambierebbe nulla. Baci sandra frollini
Lo sai Sandra, l'Italia è spaccata!
EliminaBellissima dichiarazione d'amore. Io credo che ognuno sia libero di scegliere il posto migliore dove vivere e sentirsi felici. Non credo che casa sia solo il posto in cui si nasce. Casa è il posto dove ci si sente felici e realizzati. Quello che auguro a mio figlio è di trovarlo questo posto, che sia vicino o lontano dalla sua mamma.
RispondiEliminaConcordo. Casa è dove sei felice, dove senti di appartenere, dove ti realizzi e trovi la tua collocazione. Auguro anche io a mio figlio di trovarlo questo posto. E a me stessa, per puro egoismo, che questo posto sia vicino a me. Se così non fosse, sarei comunque felice per lui.Ovunque vada o sia disferò la valigia.
EliminaNon avresti potuto dire a tuo figlio delle frasi più belle di queste. Perché, è vero, si può girare il mondo, scoprire nuove orizzonti, andare via, cambiare lavoro, cambiare vita. Perché c'è una differenza tra scappare e scoprire. Tra evitare qualcosa per paura di sbagliare e tendere al miglioramento. Tutto vero, tutto bellissimo. Soprattutto la mamma che, ovunque tu sia, ti aspetta per disfare la valigia.
RispondiEliminaUn abbraccio
Un post bellissimo pieno di parole d'amore. Ne abbiamo bisogno, hai ragione.
RispondiEliminaPassi da me a ritirare un premio?
Certo, arrivo!
EliminaTre modi diversi di vivere l'amore di genitore. Diversi ma complementari, forse. Io di certo non sono titolato per parlarne, la genitorialità non ha fatto parte della mia storia, e oramai penso che non lo sarà mai più.
RispondiEliminaIl primo esempio è quello della responsabilità: il padre che insegna al figlio a non scappare, a non trovare scuse per sfuggire alle proprie responsabilità.
Il secondo esempio (quello di Pierluigi Celli, ci sono sufficienti dettagli per sapere che si parla di lui) insegna a fare scelte, ragionate, meditate. Prendere e andarsene è una scelta difficile, tanto quanto imporsi di non scansare le responsabilità. E come ogni scelta ha i pro ed i contro (altrimenti non sarebbe una scelta, ma un'obbligatorietà logica). E' insegnare che la vita è mettersi in gioco. E che si deve saper scegliere quando un impegno è degno dello sforzo, e quando si tratta di accanimento terapeutico. Scelta sempre dubbia e complessa.
Il tuo esempio è la sintesi dell'amore. Figlio mio, la libertà è una cosa complicata, che non ha molte ricette. La devi vivere, e prendere anche botte. Ma hai qualcuno che c'è sempre, e questo è uno dei grandi valori della vita. E' la madre, dovrà essere la Compagna.
Tre insegnamenti. Non esclusivi. Tutti importanti
Sì,anche la libertà è una cosa complicata. Hai centrato, come sempre, l'essenza delle mie parole.
EliminaE della loro direzione.
Hai esplicitato meravigliosamente i miei pensieri di oggi, il mio augurio di passione a mio figlio. Poi questa passione potrà portarlo lontanissimo oppure no. La scelta e l'opportunità sarà sua. Ma per passione e non per paura.
RispondiEliminaEsattamente Marzia, passione e non paura.
EliminaSei sempre motivo di riflessione! Anche io consiglio i miei figli di guardare all'estero perchè siamo delusi da questa Italia ma allo stesso tempo gli insegno a non rimandare, a fare, ad essere migliori per se stessi. Se scegliessero di vivere all'estero, quello che io ho insegnato loro sarebbe comunque un modo giusto di vivere
RispondiEliminaIo credo che la scelta di andare all'estero non equivalga affatto a scappare, anzi, solo a capire per cosa vale la pena lottare e dove ciascuno di noi può essere se stesso e non è certo una scleta facile.
RispondiEliminaForse è più difficile che restare e aspettare che qualcosa cambi qui.
Bellissima la tua lettera d'amore e anche quella del padre che riporti, che condivido pienamente nella sua prima parte, un pò meno nella seconda.
Grazie per averle postate entrambe ^^
RispondiEliminaadoro questo post.
RispondiEliminasono di poche parole oggi ma di tanta birra.
hehehe stavo per scrivere la stessa conclusione: vai via ma poi torna dalla tua mamma nel tuo Paese e saprai godertelo centomila volte piu' di quanto non potessi fare prima di aver scoperto l'Altro.
RispondiEliminaCerto, questa e' la mia storia.
Picca sicuramente fara' l'opposto giusto per farmi torto, scommettiamo? ;-)
(che pugno al diaframma quella notizia del ragazzino adottivo, mamma mia...anche li, mi chiedo se gli assistente sociali c'erano, se c'era una rete intorno a questi genitori per farli sentire meno impauriti all'idea di un ritorno al Paese d'origine...)