Ho sempre scritto; diari, fogli, pagine,
rotoli di carta igienica. Poi quando un abbandono mi ha reso fragile e rotta ho
scoperto che scrivere aveva un senso, dava significato alle cose che sentivo. Destrutturata e persa ho cercato, dove non avrei mai pensato
scoprendo che non ero finita.
Ho ritrovato un'altra me, una cui piaceva scrivere. Una
che sentiva di nuovo e scriveva delle cose perse delle cose ritrovate di
quelle cercate e di quelle mai trovate.
Ho all’attivo due libri, vari premi vinti, un fidanzato
in meno e un marito in più.
Non potevo non raccontare del viaggio che mi ha portato
verso mio figlio.
Così per il suo primo compleanno la sua mamma gli ha regalato
un libro.
Cioè il libro, che libro ancora non è perché è in cerca di un
editore che lo pubblichi.
“In viaggio verso te. Storia di una procreazione
medicalmente assistita” è il racconto di una maternità in provetta.
Racconta un viaggio, verso e dentro la vita, il mestiere
di una cicogna tecnologica e quello di due aspiranti genitori. Parla di
fecondazione medicalmente assistita a tratti con la leggerezza tipica dell’ironia
che serve a mandar giù diversi rospi tra cui quello dell’infertilità.
E’ la
mia storia, ma è anche la storia di ogni donna più vicina agli anta che agli
enta che si metta in viaggio verso il proprio bambino o verso l’idea che ha della
vita con o senza di lui.
Spiego a mio
figlio, con tutto l’amore di cui sono capace, com’è stato concepito, le tappe
di un percorso duro come il granito, i vuoti dell’anima e i fantasmi nello
stomaco, un cammino fatto d’ignoranza e di buchi sulla pancia, l’incoerenza
della legge (n.40/2004) che regola la fecondazione assistita, la vecchiaia di
un paese per vecchi, il dolore di chi non riesce ad avere figli, le
umiliazioni, il coraggio di una maternità voluta con le unghie e con i denti,
della vita e del suo contrario.
Parla di amore, dei suoi limiti e dei suoi
confini.
Di come sia possibile spostarli per fare spazio ai
sentimenti.
E’ una roba a tre, l’essere madre, non esserlo, l’essere
madre di mio figlio. Del prima e del dopo lui, di un anno di vita con qualcuno
che è altro da te, ma è il tuo prolungamento.
Racconta di crostatine spalmate sul divano, di giorni, di
notti, emozioni, odori. Sensazioni, pannolini, bagnetti, dentini spuntati,
ba-ba-ba e silenzi, sguardi infiniti.
Perché questo libro? Perché la procreazione medicalmente
assista tocca aspetti ritenuti ancora dei tabù e ritengo che, il fatto di
parlarne, possa solo spianare gli ostacoli di un cammino ancora difficile e
pieno di buche e dossi; perché la difficoltà a procreare non venga più
accompagnata da sentimenti come la colpa e la vergogna e perché i giorni delle
iniezioni, dei monitoraggi, delle ecografie, dei prelievi, dell’acido folico e
dei farmaci in frigo, siano, per mio figlio, giorni come altri.
Questo era vero ieri mentre o scrivevo e lo è oggi dopo aver letto le storie di molte di voi.
In viaggio verso te è un singhiozzo, un singulto.
Un’urgenza letteraria fatta di protezione. E’ il tentativo di fornire a un
bambino gli strumenti per affrontare una vita in bilico e il disincanto della
realtà, suggerendo principi e bisbigliando racconti e sogni, nell’unico modo in
cui una madre come me conosce.
Scrivendogli.
Ho contattato un‘agenzia letteraria perché pare sia
indispensabile averne una altrimenti le grandi case editrici non ti si filano.
Oggi mi hanno risposto dicendomi che il mio lavoro “non li convince”. Ho letto e riletto la loro mail pensando che
si fossero sbagliati che non era possibile che non gli piacesse cosa avevo
scritto. Invece è così. Non li convince, quindi non mi rappresenteranno presso
nessuna casa editrice.
Beh, non vi nascondo che la delusione per il mio ego è
stata cocente.
Poi ho pensato. Non vi convince?
E chi se ne frega!
E’ per mio figlio questo libro e per tutte le donne che
dubitano del loro percorso. Per una Chiesa bigotta e ottusa che lorda l’amore e
vede il peccato dove non c’è. Per un paese che non avvolge ma spinge le coppie
ad andare altrove. E’ per combattere sentimenti come la colpa e la vergogna, perché
nessuna debba sentirsi sola o cattiva provando sentimenti contrastanti di invidia
e tenerezza.
E' per ognuna di voi.
E' per ogni bambino nato grazie ad una pma.
E' per ogni sogno.
E' per Daniele.
Non mi fermerò qui.
Mio figlio avrà il suo libro, in un modo o nell’altro.
Ciao! Le tue parole sono sempre cariche di sentimenti e toccano il cuore.
RispondiEliminaNon mi sono mai rivolta a un'agenzia e ho pubblicato i miei due libri precedenti con un POD. Ora voglio cambiare e passare all'editoria tradizionale o al selfpublishing.
Come madre non posso capirti dato che non ho figli, ma ti capisco come "scrittrice alla ricerca di editore" e ti dico di farti forza, perché la strada è sempre in salita, ma mai quanto quella che hai affrontato tu per il tuo piccoletto! Il mio primo libro che ho cercato di pubblicare (e poi ho cestinato!) è stato rifiutato da varie case editrici. Io avevo 16 anni e non ti dico quanto ho pianto ogni volta, fino a rendermi conto che quello non era un vero libro. Tu però non sei una sedicenne alla prima esperienza editoriale. Hai vari successi al tuo attivo, quindi non demordere e poi ricordati che se vuoi una parere disinteressato puoi mandarmi un estratto e io lo leggo volentieri!
Come figlia (eh, madri si diventa, ma figli si nasce!) invece capisco la grandiosità di quello che stai facendo per Daniele.
Non arrenderti mai!
Grazie Romina, grazie.
RispondiEliminaIo ho imparato a conoscere la PMA attraverso il blog di Nina Cerca. La conosco indirettamente anche attraverso la mia storia personale, i miei genitori facevano parte dei "sine causa" sul finire degli anni '70, quando ancora la scienza non supportava i sogni.
RispondiEliminaIl regalo che hai fatto a tuo figlio è stupendo, piacerebbe leggerlo anche a me!
Che bella la frase "quando la scienza non supportava i sogni". La vorrei dire a tanta di quella gente che crede che le tecniche di pma siano immorali.... La scienza oggi supporta i sogni ma non può fare tutto c'è sempre una parte di destino su cui non possiamo agire. E' lì che forse qualcuno ci dovrebbe abbracciare dicendoci "non siete difettose, non siete sbagilaite, fate bene a cercare i vostri sogni." Inceve c'è qualcuno che ancora si permetet di giudicare. Bah!
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