“La famiglia “normale” – composta da un uomo
e una donna uniti in matrimonio, con due o più figli – è più felice». E’ quello
che dice il cardinale Ennio Antonelli, alla conferenza stampa che ha preceduto
questa mattina nei padiglioni di Milanocity l’inaugurazione della Fiera
internazionale della Famiglia, alla vigilia dell’inizio del congresso
teologico-pastorale, “questo tipo di famiglia”- continua”- è più vantaggiosa
per la società, perché, anche se mediamente più povera, è più ricca di
relazioni. Produce capitale umano per il lavoro, crea e vive la festa ed è
mediamente più religiosa”. Cercherò
di non polemizzare con le parole del cardinale, ma essendo questo il mio blog e
visto che sono in un certo senso, a casa mia, non posso trattenermi dal fare
alcune considerazioni.
Prima di tutto, vorrei sapere in base a
quali criteri, una persona, indipendentemente dal suo status (in questo caso
alto prelato), differenzia una famiglia “normale” da una “anormale”.
Che la seconda
abbia la coda e le orecchie e la prima, no?
Mi chiedo ancora, poi, su quali basi, un
uomo e una donna, uniti in matrimonio (ritengo quindi che siano escluse le
coppie di fatto, delle coppie composte di persone dello stesso sesso, neanche a
parlarne) con due o più figli, si possa asserire che siano più felici di quelli
con zero o con un solo figlio. Che sia il numero dei figli a rendere una coppia
più o meno felice? Del tipo che, se hai un figlio solo sei felice cinque, in
una scala da uno a dieci, se ne hai due, sei felice sette, se ne hai tre, nove,
e così via?
Ma andiamo avanti; la famiglia in questione
è più ricca, in termini relazionali, perché produce.
Ah,
bene, è come se fosse, quindi, un moltiplicatore di energie, una sorta di
motore progettuale all’interno della società. A questo punto mi sorge spontanea
una domanda?
Ma che stai a di? E soprattutto, come fa uno
che la famiglia non ce l’ha a dire quale sia più felice, rispetto a un'altra?
Personalmente, conosco coppie che vivono
benissimo senza figli, che hanno scelto di non averne e sono felici della loro
scelta, sentendosi famiglia a tutti gli effetti. Conosco uomini e donne che
hanno due bambini ma che non si sopportano più e vivono infelicemente,
aspettando che accada qualcosa che li renda almeno, sereni.
Non c’è lo straccio di una prova al mondo
che accerti che le coppie senza figli siano meno felici o meno stabili di
quelle con figli. Credo invece che, per chi sceglie di non avere bambini il
fatto di non averli, appunto, sia irrilevante rispetto alla possibilità di
avere una vita soddisfacente, mentre le coppie che, non possono avere figli,
non hanno fatto questa scelta, non hanno deciso loro per la loro vita e quindi
devono rinunciare a ciò che volevano in cambio di ciò che invece hanno. E’
difficile, è faticoso, occorre reinventarsi, occorre cambiare rotta, perché è
cambiata la direzione degli eventi. Ma chi può dire cosa sia la felicità?
La somma di certi giorni? Lo stratificarsi
di certe emozioni.? La gioia che esplode di fronte a ciò che ci rende
vulnerabili? O solo la serenità del susseguirsi di giorni “si”? Io proprio non
lo so.
So solo che, come ho già detto in un altro
post, conosco la difficoltà ad avere figli e i sentimenti che ruotano intorno a
questa. So, inoltre, che se la Chiesa e chi sostiene certe sue idee, smettesse
di ritenere illecite le tecniche scientifiche che permettono di concepire al
posto di un atto coniugale, di intromettersi in cose che non la riguardano, di
giudicare riprovevole e immorale l’amore smisurato che due poveri cristi
mettono in un percorso di pma (che non è peccato, ne un’offesa a Dio, ma anzi,
il bisogno di dare valore alla vita), o quello di chi si ama nonostante appartenga allo stesso sesso, o quello di chi aiuta un altro essere umano ad andarsene all'altro mondo con dignità quando non cè nè più, forse e dico forse, saremmo tutti un
pochino più felici. Quelli normali e quelli meno.
L’amore, quello vero, quello che rende
felici, quello rivolto verso una persona, fosse anche dello stesso sesso, verso
un animale, un oggetto, un concetto, un ideale, un padre, una madre, un
fratello, uno, due o tre figli, resta tale, sempre, anche se qualcuno lo considera non
conforme al volere di Dio.
Ecco l’ho detto, non me ne vogliate.
Dev'essere ben triste lui allora, sposato con un'entità per tradizione considerata maschile e senza nemmeno un figlio :)
RispondiEliminaNoi siamo atei e la Purulla non è battezzata. Non parlo di religione sul mio blog perchè non lo voglio inquinare. Ma le attribuisco gran parte dei mali della nostra società.
RispondiEliminaQuanto alla famiglia, io mi sentivo famiglia già col MioAmore e basta. Poi si è aggiunto anche il gatto Attila, e poi la Purulla. Ma è l'amore a creare una famiglia, nient'altro.
Io credo, mio marito no. Ma credo che in fondo sia molto più religioso di tanti che si definiscono tali. Mio padre diceva di non credere eppure ogni tanto tornava senza cappotto, senza soldi o senza qualcosa che aveva regalato a qualcuno che ne vave più bisogno. Gli piaceva dire che Cristo era stato il primo comunista sulla terra! Neanche Daniele è battezzato. Deciderà lui cosa fare da grande. Credo in Dio, non crfedo nella chiesa. E siccome ritengo che non si possa credere nell'uno senza credere nell'altra temo di essere una credente a metà!
RispondiEliminaLa penso esattamente come te. Mi definisco monoteista credente non praticante, nonchè anticlericale e anche se non sono coniugata e sto cercando di avere un figlio per mezzo della scienza (poichè la Natura non è poi così perfetta) non mi considero una peccatrice e non lo sei neanche tu, nè tutti coloro che vogliono generare Vita. Conosco alcune persone che sono cattoliche praticanti e fanno peccati ben peggiori. Questo vorrei dire al caro card. Antonelli, ma è fiato sprecato. Certa gente non capirà mai perchè è trincerata dietro le proprie limitatezze mentali (o certo, finchè non capita a loro e allora.... altro che PMA!!)
EliminaPS L'espressione "la famiglia normale produce capitale umano per il lavoro" non si pò sentì!