giovedì 19 giugno 2014

Mostri a confronto


Quando il male ci somiglia, fa più male.

Quando il male non arriva dai brutti e cattivi, sporchi ediversi, ci sgomenta e ci spinge verso l’abisso dell’incomprensibile, del tutto è possibile, niente prevedibile.

Giù, giù, verso il baratro dell’impenetrabile.

Le favole ci hanno insegnato che il male è riconoscibile in qualche modo. Nessuno ci aveva preparato all’eventualità che Geppetto potesse, un giorno, sgozzare Pinocchio, o che il padre dei tre porcellini, potesse uccidere una ragazzina e far finta di nulla per tre anni, raccontando un modo di bugie, di rapporti familiari ambigui, di figli illegittimi, di doppie vite.

Tutto questo male sembra una guerra senza fine. Il rapporto Eures-Ansa prova che la famiglia è il contesto in cui avviene il maggior numero di delitti. Ammazzano più padri di famiglia che i protagonisti di Gomorra.

E l’orrore di questo male sta proprio nella banalità dei suoi interpreti: persone normali.

Ieri, leggendo questi due articoli, diversi ma entrambi molto belli,”Un papà con una vita normale non ammazza e Lettera ad un uomo mai nato riflettevo:

riflettevo sui segni lasciati sul mio corpo dal sole della Sicilia, dal bianco dei lacci del costume.

Prima di Daniele non c’erano. Prima di Daniele c’era il sole e l’ambra di un’abbronzatura presa quasi fosse un lavoro, stesa sulla spiaggia, a riposare, a leggere, a sonnecchiare. Con Daniele ci sono segni ovunque, e corse sulla spiaggia e castelli di sabbia e braccioli e risate e fatica, di quella che ti riempie il cuore, gonfiandotelo.

Con Daniele non c’è tempo. Il tempo è scandito dalle sue esigenze, prima che dalle mie, dai suoi bisogni.

E quel poco tempo che c’è, corre in fretta. Non ha premura di attendere i tempi miei. Possiede urgenze diverse. Possiede l’impellenza tipica del diritto. Il diritto a non conoscere la tristezza, il diritto a desiderare, sperare, scegliere, credere. Il diritto di un bambino ad essere felice.

Con Daniele ci sono orari da rispettare, capricci da far sfogare, abbracci da dare e tentativi di dosare regole e amore. I mojito sono più leggeri ed hanno un sapore diverso.

Anche il tramonto sul mare ha un colore differente. Perché si spera che quella bellezza sia per sempre, per sempre visibile, per sempre salvezza, capace di fargli vedere oltre un mondo fatto di pece.

Perché tu lo sai, tu che metti al mondo un figlio, quando ci riesci, lo devi sapere che non sarà più come prima.

Tu, non sarai mai più come prima. Cambieranno le prospettive, le priorità,  i pioli delle scale dei tuoi valori.

E’così, dalla notte dei tempi. Senza retorica, senza possibilità di fuga.

Quella creatura che hai messo al mondo verrà sempre prima. Prima della stanchezza, prima dei giramenti di coglioni, prima della voglia di andartene. Prima.

Quando comincia questo “prima”, non lo so con precisione.

Per qualcuno nella pancia, per qualcuno, dopo, per qualcuno con il tempo.

Ma a un certo punto il prima ed il dopo si dividono, nettamente. Diventano uno spartiacque, diventano, bivio.

Ti ho guardato, odoravi della mia pancia, del mio dentro, eppure ho sentito subito che eri già una persona autonoma”, una persona che, verrà sempre prima dei miei desideri.

Questo è normale.

E’ normale avere paura, è normale sentirsi inadeguati, è normale cercare quello che si era prima.

E’normale, sentirsi felici, accarezzandoli.

E’ normale morire e rinascere con il proprio figlio. Con lui muori come persona unica, come figlia/o, e con lui nasci come persona nuova.

E’normale cercare con ogni poro della propria pelle di difendere quel figlio per cui, è normale, ti faresti uccidere.

“Mi capita di spiare certe madri "emancipate", che guardano i loro figli con facce tristi, perplesse. Come mai, mi chiedo, questi figli tanto voluti, poi, non danno nessuna felicità? Non godersi i figli, che spreco. Poco spazio per l'anima, che peccato. Perché poi dove stanno i figli? In una certa arcaicità che non dobbiamo smettere di rivendicare, quella semplicità che sembra diventata una fatica. Ai figli bisogna lavargli il culo, raccontargli una favola, bisogna fargli il sugo buono, e riempirli di baci.

Perché poi non basterà il cellulare per seguire i loro spostamenti. Crescono in fretta, diventano adolescenti dagli occhi in fuga e dai passi strascicati. E spuntano quei delitti epocali, che segnano la nostra coscienza, la fanno sanguinare. Mattanze che s'appoggiano come un macabro santino sulla porta delle nostre case. Insieme alle domande. La madre era feroce, diabolica? No, era una donnina aggraziata. Il padre era uno stupratore? No, il padre aveva un cappotto, si alzava il bavero e andava a lavorare. Era tutto qualunque, tutto decente. Era dentro. Era dentro nel nostro mondo senza mosche”.

“Perdo coraggio, indietreggio. Come faccio a difenderti?”.

MARGARET MAZZANTINI

Questo è normale, che un genitore si chieda.

Sono tornata.

 

 

 

 

 

 

9 commenti:

  1. prima di tutto ben tornata! le tue parole colpiscono sempre nel segno...quante domande in questi giorni, ci stiamo facendo noi genitori....a me sembra tutto un mondo fondato sull'apparenza e soprattutto che mondo lasceremo ai nostri figli?

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    1. Non lo so Francesca, non lo so davvero. Mi sembra un mondo impazzito. Certe cose non si possono sentire. Fanno male solo ad immaginarle nei film, figurasti nella realtà.

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  2. "Quando comincia questo “prima”, non lo so con precisione. "
    Io lo so quando è iniziato per me questo prima ... molto molto prima che restassimo incinta, tra ormoni e provette.
    Che belle le tue parole Raffaella.
    Laura

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    1. Cara, lo so. E pensare che qualcuno possa solo pensare che i figli siano un ostacolo, un freno, oltre all'orrore, mi fa suscita rabbia per tutti coloro che non so cosa farebbero per averli.

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  3. Quando parli di tuo figlio scrivi poesie bellissime..mi hai trasportato con voi sulla spiaggia. E' veramente orribile quello che stiamo ascoltando in questi giorni..io oramai guardo pochissimo la televisione, soprattutto perchè non riesco a sopportare notizie di questo tipo. Purtroppo, i bambini non hanno nessuna forma di protezione contro questi mostri.

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  4. Non aggiungo altro alle tue splendide riflessioni. Anch'io sono sconcertata, tante cose si può provare a comprendere, ma non queste. No. Io che guardo i miei figli e non riesco proprio a immaginarmi senza di loro, al di fuori di loro. Un abbraccio Raffaella, Claudia

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  5. Sapessi quante mogli vengono da me e mi raccontano di mariti e padri che si ubricacano, che picchiano, che minacciano e urlano..e a fuori, quando li incroci in paese, non lo diresti mai.
    Ho paura.
    La vita, però, è più forte della paura e sun quella dobbiamo concentrarci, come i bimbi ci insegnano.

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  6. La vicenda e' scioccante se penso a quell'essere li, provo solo tanta cattiveria nei suoi confronti.

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