martedì 25 settembre 2012

Singhiozzo


C’è del vero in quello che banalmente si dice”non avere tempo per se, se hai un figlio di diciassette mesi, un lavoro, una casa, un marito e un cane, una famiglia”.

Se dormi a intermittenza e tuo figlio si sveglia ogni due ore perché in preda a sindrome da abbandono causa inserimento asilo, se in ufficio ti richiedono relazioni e ricerche improbabili su visioni strategiche illogiche, se hai tredici camice, tre paia di pantaloni, cinque maglie da stirare e non hai proprio tempo per dargli una piega. Se il tuo frigo grida di essere riempito e il pavimento rivendica di essere almeno, spazzato. Se il tuo cane ha la pretesa di fare la pipì ogni tre/quattro ore, se hai la schiena a pezzi e devi trovare almeno un’ora per fare fisioterapia, se una seria casa editrice è interessata al tuo libro, ma ti richiede di modificare delle parti, in pratica metà libro e tu non sai proprio dove andare a scovare il tempo per lavorarci su.

(Non sto nella pelle, ma questo merita un post a parte che non posso ancora scrivere per scaramanzia!).

C’è del vero quando ti dicono “vedrai, vedrai, come cambiano le priorità, quando diventi genitore”. Sacrifichi i tuoi spazi per lui, i tuoi interessi, i tuoi dettagli.

Scrivo di notte, quando lui dorme. Non ricordo cosa vuol dire leggere un libro, andare in palestra, correre. Il mio parrucchiere mi rincorre. “La tua schiena è così rigida che rischia di spezzarsi, il mio fisiatra mi ha detto. Devi fare del moto, qualunque, ma non puoi permetterti di stare così”. Sono tornata a casa e ho raccontato l’accaduto a mio marito, il quale mi ha risposto: ”E quando lo fai sport, mica hai tempo, adesso!”

Ho bisogno di aria. Ho bisogno di un perimetro più ampio, di una giornata di trentadue ore, ho bisogno stendermi e dormire senza preoccuparmi.

Ne ho bisogno io, come immagino la maggior parte delle persone intrappolate nella quotidianità di impegni, corse, spostamenti.

Ma non posso preoccuparmi anche per loro.

Mi pesa questo continuo, perenne sentimento di vigilanza, di preoccupazione per tutti i miei cari. Mi sfinisce il sentimento di cura che provo nei loro confronti e che non riesco, non riesco proprio a rendere meno invasivo.

Passerà, lo so, passerà e lo rimpiangerò.

Oggi è solo venuto fuori in maniera dirompente, singhiozzando.

Ora lo rimando giù.

 

venerdì 21 settembre 2012

Ci sono

Salve, l'inserimento di Daniele e qualcosa che bolle in pentola mi sta prendendo più del previsto.
Ci sono, ingolfata ma presente.
A presto.

lunedì 17 settembre 2012

Emergenza Siria



Mentre mi struggevo per il primo distacco di mio figlio, dovendo affrontare il suo inserimento al nido, mi sono imbattuta nel progetto BloggaPerAgire http://www.bloggaperagire.it/home/, organizzato da AGIRE, l'Agenzia Italiana in Risposta alle Emergenze per far fronte all’emergenza in Siria e non sono potuta rimanere in disparte.
Li ho contattati chiedendo loro se, nonostante fossi piccola e insignificante e non certo un’icona della blog sfera ci fosse qualcosa che io potessi fare. 
Mi hanno risposto, subito, dicendomi che sì, potevo fare la mia parte. Dai grandi speravano grandi cose, dai piccoli, piccole cose. 
E così, sono qui a partecipare al progetto che ci rende una squadra, almeno dall’11 al 24 settembre cercando di dare la mia mano per diffondere i loro appelli, (ricevendo informazioni dettagliate e aggiornate sulle attività sostenute) e dare voce a una risi umanitaria quasi ignorata.
In Siria, oltre 20mila persone hanno perso la vita e 1 milione e mezzo sono state costrette ad abbandonare le proprie case.
A fronte di questa drammatica situazione e delle testimonianze raccolte dagli operatori sul terreno, lo scorso 7 agosto AGIRE ha deciso di lanciare un appello di raccolta fondi per sostenere le 9 ONG del network impegnate in programmi di assistenza umanitaria in Siria, Libano e Giordania.

Ci hanno messo a disposizione materiali, documenti, video e foto chiedendo solo di promuovere i canali di donazione di AGIRE, utilizzando banner e url dedicata e poi di scrivere secondo il nostro stile, rimanendo noi stessi, continuando a parlare come sempre facciamo.



Ed ho visto quelle foto, ho guardato quegli occhi. 
Occhi di bambini persi nel dolore e nell’orrore della guerra, con il vuoto dentro e l’abisso della paura. 
Mentre mio figlio dormiva beato nel lettino azzurro della sua camera, con i sette nani intorno, con la sola ombra di una separazione all’orizzonte, che non significa squarcio, non comporta lacerazione, ma solo un passo verso la costruzione della sua identità di cucciolo d’uomo, gli occhi di quei bambini urlavano la morte e la disperazione di chi non sa neanche cosa sia un lettino, né una camera perché la propria casa l’ha dovuta lasciare, rifugiandosi altrove e non per scelta.

Terre des Hommes, una delle 9 ONG del network (ActionAid, CESVI, CISP, GVC, Intersos, Oxfam, Sos Villaggi dei Bambini e VIS) che Agire sostiene, intervistando le famiglie siriane rifugiate nella citta di Arsaal (valle della Beqaa) racconta di un’infanzia negata, di miseria, terrore ma soprattutto della perdita dell’innocenza che questi bambini stanno vivendo, la perdita del diritto di avere sogni puliti, non insaguinati, la fiducia nei garndi, la fiducia nel domani. Molti di loro hanno visto uccidere i propri genitori. Il team di Terre des Homnes lavora tutti i giorni all’interno dell’edificio adibito a scuola al fine di ricostruire le personalità di questi orfani.

Ci sono bambini fortunati per il solo fatto di essere nati dalla parte giusta del globo. Alcuni che ereditano le sconfitte dei padri e le ostilità degli antenati.
Ci sono milioni di rifugiati.
Ci sono grida che non riusciamo a sentire e lutti troppo dolorosi da sostenere.
Lutti che portano nomi di guerre che vogliamo e speriamo lontane. E tombe che nessun bambino dovrebbe mai vedere. Loro non hanno la capacità di capire l’abbandono, la distruzione, la paura, una vita nomade. Loro odorano di buono, di latte impastato d’incanto e candore.
E’ così che dovrebbe essere la loro vita, da oriente a occidente, eternamente.
Penso a mio figlio, al suo sonno che sa di buono e pace e al non ritorno dei bambini da lla soglia del dolore, che mai dimenticheranno.

Questo post s’inserisce all'interno del progetto BloggaperAGIRE, un’iniziativa di comunicazione e raccolta fondi ideata da AGIREonlus per dar voce alle emergenze umanitarie. I contenuti del post non hanno nessuno scopo politico. Il lavoro delle ONG di AGIRE è slegato da qualunque agenda politica e avviene nel rispetto assoluto dei tre principi umanitari fondamentali di neutralità, imparzialità e indipendenza.



sabato 15 settembre 2012

Di fette biscottate e logica matematica




Un post dall’apparente leggerezza letto nel blog di un ingegnere che vede il mondo a testa in giù, http://il-mondo-a-testa-in-giu.blogspot.it/ e possiede a mio avviso, la capacità di progettare insieme all’abilità del sentire, lo stupore del viaggiatore e quell’approccio scientifico-tecnologico alle cose di chi naviga con un animo che cerca oltre, mi ha scatenato una serie di considerazioni che mi accompagnano da giorni. Il post, intitolato "Fette biscottate"http://il-mondo-a-testa-in-giu.blogspot.it/2012/07/fette-biscottate.html traccia una sottile linea di demarcazione tra due categorie di persone: quelle che sbragano le confezioni alimentari e quelle che con cura e doviziosa perizia, seguono attentamente le istruzioni per l’apertura e la chiusura dei pacchetti/scatole/sacchetti contenenti alimenti.
La divisione va interpretata in termini di approcci alla vita più che in termini assoluti e diverte perchè provocatoria e interpretativa del cogliere alcune delle infinite sfumature del genere umano.
La sottoscritta appartiene alla prima categoria. 

Sbraga le confezioni, schiaccia il dentifricio in mezzo al tubetto, non ordina maglie e camice per colore, piuttosto le ripone alla rinfusa e spesso perde calzini che Dio solo sa dove vadano a finire e mente spudoratamente sulla propria colpevolezza, incolpando delle cose perdute o rotte la signora che l’aiuta nelle pulizie o il figlio di pochi mesi, quand’anche il cane.
Inutile dire che il più delle volte è scoperta da marito ossessivo che impila i coltelli nel portaposate tutti rivolti dal verso opposto alla lama e tacciata di omertà che manco la sacra corona unita.
Lo riconosco, vivere con me a volte è difficile. 
Ma anche vivere con uno che usa la livella per appendere i quadri non è uno scherzo.
In caso di visite improvvise o cene inaspettate, sono di quelle che ficca strati di cose che poi dimentica in posti celati alla vista degli ospiti, per poi ritrovarle dopo mesi se non anni, quando ormai hanno perso la loro funzione primaria.
Appartenendo a questa categoria sento di doverla difendere. Cioè, in realtà non è che sento di dover difendere l’universo mondo delle persone distratte o fuori di testa tout court, ma solo alcuni elementi di questo insieme.
Non è che uno possa star lì a far battaglie per combattere ogni causa persa, ma sentendomi chiamata in causa, devo proprio dir la mia.
Orbene, chiariamo: io non ho niente contro le confezioni dei generi alimentari e rispetto infinitamente il tempo impiegato da chi le ha progettate, essendo anche un filino invidiosa perché mi è totalmente estranea la qualsiasi capacità logica, matematica o razionale che rende materia un’idea.
E qui mi spiego.
Chi riesce in quest’attività a mio avviso è potenzialmente pericoloso.
E’ gente strana chi ha sempre una spiegazione scientifica per tutto, assai rischioso viverci insieme.
Tutto ha un senso per loro, tutto torna, tutto è quantificabile e misurabile in termini di soluzione ai problemi. Gli uomini e le donne con intelligenza di tipo logica matematica mi spaventano come gli scarafaggi nella doccia. Affrontano problemi di ogni natura con la disinvoltura di Naomi Campbell in passerella, anche inerpicata su un tacco quattordici e un occhio bendato e hanno una capacità di analisi che Sigmund Freud a confronto arrossirebbe.
Ma, soprattutto, ragionano correttamente. Che orrore.
Mica vorrete farmi credere che i conti tornano sempre, se ben fatti?
Mica penserete che la capacità delle vostre menti di risolvere qualunque problema, applicando le regole della logica, porti al progresso scientifico e tecnologico dell’umanità?
Pericolosi e presuntuosi, per giunta.
Io arrotondo sempre per difetto o per eccesso e due più due il più delle volte mi da tre e mezzo. Ricordo che una volta, essendo stata rimandata in matematica e in fisica - che te lo dico a fa - diversi amici provarono a spiegarmi che il valore del rapporto tra la circonferenza e il diametro di un cerchio, meglio conosciuto come Pi gerco, fosse costantemente uguale a tre virgola quattordici. Ricordo che detti fondo a tutta la mia creatività, fallendo miseramente, per argomentare un valore diverso secondo i miei calcoli, invertendo le leggi costanti della fisica.
E più loro si agitavano, più io mi annoiavo, più loro spiegavano razionalmente, meno io ero interessata all’argomento e quel cerchio prendeva forme diverse davanti ai miei occhi, diventando luna, palla, tutto tranne quello che doveva essere.
Ma torniamo al tema.
Lo sbrago non è sintomo di negligenza. Piuttosto, un gesto privo di logica. Il gesto opposto alla sensatezza. Chi sbraga lo fa perché gli viene, proprio naturale essere illogico, assurdo e irragionevole. Capiterà che potrà parlare con le fette biscottate, chiedendogli scusa per la violenza perpetrata e di strappare le confezioni con i denti al posto di usare delle forbici sentendosi il primo anello della catena evolutiva, ma alla volta successiva compirà lo stesso gesto per distrazione per comleto disinteresse nei confronti dell’atto in se o perché ha piedi e testa tra le nuvole e non ha tempo di cercare quelle dannate forbici. Chi sbraga spesso compie più cose insieme, e soprattutto ne pensa altre mille. Sento di dire a mia dicolpa che, di solito, mentre combatto con le fette biscottate, spesso lo faccio con una mano, mentre l’altra è impegnata in altre dodici attività, compresa quella di ripulire le briciole cadute.
Mentre i logici programmano, gli sbragatori inventano, dove i primi controllano, i secondi affannano, quando i logici analizzano le inferenze tra gli eventi, gli altri osservano e sviscerano cosa muove i cuori.
E ci puoi far bene poco, sai?
Per quanto uno sbragatore riprometta agli altri e a se stesso che farà attenzione, difficilmente gli riuscirà.
Non siamo cattivi, è che ci disegnano così.
Riporto tipica discussione tra sbragatore e logico:
“Raffaella?- l’estensione del proprio nome promette nuvole all’orizzonte – Guarda come hai aperto il pacco degli spaghetti! Ma ti pare possibile?”
“Quale pacco? Io sono a dieta manco li langio, gli spaghetti. Sarà stata Giannetta – nome di fantasia per la colf- “.
“ E certo perché adesso Giannetta mentre fa le pulizie a casa nostra, si spara pure un piatto di pasta. Ma che stupdaggini dici?”
“Beh, è possibile, il movimento fa venire fame!”
" Certo, come no. E che scusa hai per il pacco delle fette biscotatte tutto rotto? Sei riuscita a sbriciolarle tutte ste' fette biscottate"
" Non è vero. Ci sono stata attenta. Le mettono dentro così, è una guerra tra  grandi produttori. Gentilini vs Buitoni"
" Fammi andare via che è meglio".
Detto tra noi, se qualcuno si è dato la briga di inventare quelle mollette chiudi sacchetti alimentari è perché al mondo ci sono più sbragatori che logici, sempre troppo pochi, secondo me.
Non me ne vogliano gli altri.

mercoledì 12 settembre 2012

Io, come Mafalda.


Oggi mi sento Mafalda.

Sì, proprio lei, la curiosa bambina dai folti capelli nero corvino.

Chi mi conosce dal vivo sa che abbiamo in comune gli stessi capelli. Però io sono meno bruttina e meno chiattona, giuro.
Ho lo stesso volume dei suoi capelli, però. I miei, come i suoi, crescono in cubatura anziché in lunghezza e sono scuri come la pece.
Mio fratello dice che ho i capelli di Mick Jagger ai tempi d’oro.
Qualche amico, una parrucca.
Mio marito e il mio parrucchiere che ho capelli per tre capocce, ma non possiedo la logica di neanche mezza testa.
Di Mafalda ho lo stesso spirito ribelle, sono profondamente preoccupata per l'umanità e per la pace nel mondo e vado ponendo  a me stessa e agli altri candide e disarmanti domande a cui è difficile, e a volte impossibile, rispondere. Se poi chi le pone ha passato la quarantina, beh, la faccenda si complica non poco.
Sono domande che mostrano le contraddizioni e le difficoltà del mondo nel quale lei come me rifiuta di integrarsi. Peccato che lei sia un fumetto ed abbia sei anni!
Oh come mi ritrovo in quest’assurda bambina sui generis.
Non riesco a mandar giù la solita minestra, non mi accontento della banalità, scalpito e nitrisco davanti alla mediocrità cui necessariamente mi uniformo, per sopravvivere, per non spezzarmi, perché devo.
Perché il venir a patti con la vita concede i compromessi con i propri desideri.
E allora vivo. E allora sogno.
Sogno una capacità di vincere o fallire nella vita non ereditaria, una dignità sociale per tutti, bambini dai volti sorridenti. Sogno pance abitate.
Sogno tracce di me nel domani, come se potessi dare un valore al mio passaggio su questa terra martoriata.
Vorrei riuscire a spostare le torri con le parole, vorrei che la mia scrittura fosse poesia e forza, chiudere gli occhi e vedere e far vedere mantelli di stelle.
E’ come se i sogni fossero annodati in mezzo ai miei capelli e nessuna spazzola riuscisse a districarli, avviluppati lì, come radici di una saggezza mancata, rifugio per i pensieri non espressi.
Sogni, sogni, solo vento e inconsistenza.
M’illudo che posso ancora fermare treni, vedere volti che non si voltano indietro, mani che posso ancora toccare e dita che posso di nuovo intrecciare.
Vorrei continuare a credere di essere capace di lasciare un segno in mezzo al mio foglio bianco, che dal mio seme possa nascere un grande albero sotto la cui ombra un giorno, mio figlio possa riposare.
Sogno che la morte non sia più distanza, la vita lutto ma solo alba e rosso e fuoco e amore.
Sogno la bellezza e la poesia che spesso non sono.
Di essere cielo e mare e aria. Di respirarmi oltre il tangibile. Di essere ricordo.
Sogno un futuro in cui Lui possa ritrovarmi anche dentro ad una goccia.

 

martedì 11 settembre 2012

Alive


Sopravvissuti.
Malconci, ma in vita!
Resoconto del week end? Sorvoliamo.
Bunkerati in casa da venerdì, semisepolti vivi negli ultimi giorni godibili di un' estate che non vuole mollare la presa, a dieta con fame atavica e nervosa, nano febbricitante, svariati soldini in meno a causa di medicine, analisi e trattamenti e giramento di lune.
Ho dato fondo nell’ordine, a: tutte le energie per farlo divertire nei momenti leggeri, tutta la calma per tranquillizzarlo nei momenti pesanti, tutta la pazienza per tenere in tasca le rispostacce nei confronti di chi dispensava consigli per i toto malattie, compresa la resistenza per le ore di sonno perse e, inclusa, l’intensità di amarlo di più, se possibile, perché acciaccato come un pulcino bagnato che sbuca dall’uovo gobbo di una gallina zoppa.
Il tutto avveniva in sessantacinquemetri quadrati di casa, con due adulti, spesso tre, un cane e fuori il mondo.
In altri termini chiudo il post in fretta perché non ho niente da raccontare, tranne moccioli, bolle e alte temperature e se anche lo avessi, sono troppo stanca per parlarvene.
Don’t worry siamo di nuovo in prima linea.
Fino alla prossima!

venerdì 7 settembre 2012

Sesta malattia. E le altre cinque?

Forse abbiamo la sesta malattia. Non la prima, la terza o la quinta. Bensì, la sesta.
Io pensavo che la sesta malattia venisse dopo le prime cinque, che poi quali siano nessuno lo sa.
 Sbagliavo.
La sesta segue un suo percorso e viene quando le pare noncurante delle altre.
Annamo bene!
Pediatra dice: "E' stato a contatto con altri bambini?" - Beh, campa, è facile che li incontri nel suo cammino. "No, va all'Asilo?" - Non ancora. 
"Ah, allora si prepari perchè saranno più i giorni che passerà a letto che quelli che passerà eretto."
Uhmmm, c'è qualcosa che si può fare?
"Il vaccino, potrbbe aiutare".
Va beh, e per questa sesta malattia?
"Tachipirina ogni quattro ore, visto che ha la febbre alta"
Va bene, tachipiriniamo, allora.
Nanetto è uno straccino, ha mangiato un pezzo di crostata in tutta la giornata e un succo di frutta. Sta incollato a me come l'albume al tuorlo o le natiche di Belen Rodriguez al resto del suo sedere,
Incubazione 72 ore. Le bolle sono previste per lunedì.
Apprezzerei che le altre cinque malattie rispettassero la giusta sequenza.

giovedì 6 settembre 2012

La Dellera è stata qui


Questa mattina con somma gioia del mio consorte c’è stato un rapimento di persona. La sottoscritta è stata prelevata dagli extraterrestri che al mio posto hanno mandato la Dellera.
Vi ricordate della Dellera? Francesca Dellera? La bella donna tutta forme burrose e labbra a canotto lanciata da Tinto Brass , non so in quale dei suoi film?
Della fisicità della Dellera non potrebbe importarmene di meno, ma della sua bocca sì, perché oggi la mia, somiglia proprio a un canotto super fornito di accessori.

Soffro di Herpes labiale, una fastidiosissima infezione che si manifesta sulle labbra causata dall’herpes simplex virus di tipo I, responsabile di piccole lesioni labiali.
 
Tutti gli individui, almeno una volta nella vita hanno avuto un contatto con il virus.
Infatti il contagio avviene  in giovane età ed è molto spesso asintomatico.

Quasi tutti hanno quindi anticorpi contro il virus.

Il virus allo stato latente rimane posizionato nei gangli nervosi, ma è sempre pronto a scatenarsi negli stati di “debolezza” del suo inconsapevole portatore per esempio in caso di stress psico-fisico, infezioni batteriche, radiazioni solari, squilibri alimentari, ciclo mestruale, gravidanza, trattamenti farmacologici che indeboliscono il sistema immunitario e traumi.


Quando morì mio padre, mia madre fu costretta a portarmi al pronto soccorso poiché credeva che le mie labbra sarebbero scoppiate di lì a poco e alla tragedia numero uno, avremmo aggiunto la numero due. Il medico di turno le chiese se mi fosse successo qualcosa e lei rispose che sì, effettivamente, qualcosa era successo, era morto mio padre.
Fu allora che il medico la tranquillizzò, dicendole che l’intero mondo di emozioni che avevo dentro  era deflagrato sulla bocca anziché rimanere dove era sempre stato.
 E da allora è sempre stato così.
Questa manifestazione, fastidiosa come un gatto avvingiato alle tue spalle dopo che ci hai preso su il sole e ti scottano al solo tatto, colpisce la parte della popolazione che ha già contratto il virus in precedenza. Questi soggetti possono essere predisposti a frequenti recidive.
Io sono uno di questi soggetti. Che culo, eh?

Capisco perfettamente quando il virus sta per attaccare di nuovo la mia bocca (a volte mi assale anche tra naso e bocca o sotto di questa) i sintomi premonitori tipo, pizzicore, prurito, formicolio, mi annunciano che di lì a poco la mia bocca esploderà e comparirà un eritema con vescicole antiestetiche e dolorose che non descriverò perché non è proprio un bel vedere né un bel sentire.

Fatto sta che alla fine del periodo d’infezione, tutto torna come prima e la pelle si rigenera per difendersi da un nuovo attacco.
 Di solito il mio processo infiammatorio dura dalle 36 alle 72 ore, e durante questo periodo, credetemi, è meglio perdermi che trovarmi.

Solo la mia bocca somiglia a quella della Dellera, il resto del corpo è posseduto da una creatura infernale piuttosto irascibile.

Ho provato di tutto, ma veramente tutto, compresi laser, antivirali, pomate e rimedi naturali.
 Ma tutti gli strumenti per combattere il virus falliscono miseramente su di me.
 
D'altronde non s'è mai visto un demone sconfitto dalla calendula!

Inutile, quando sono giù di difese o sotto stress o stanca o emotivamente nuda, quello mi attacca.

Così ci ho fatto il callo e se ho un evento importante in programma, so che ci andrò con la bocca storta o gonfia, modello paresi.
 
Se guardo le foto dei miei passati traguardi vedo una bocca a canotto il giorno della mia laurea, una bocca a canotto il giorno del mio matrimonio, una bocca a canotto alla presentazione dei miei libri, al ritiro di un premio, una bocca a canotto il giorno della nascita di mio figlio.
 
Poveraccia penserenno, sarebbe pure carina se non avesse quella bocca a canotto!

Ora, dato che durante queste ore io non riesco neanche a sorridere, i miei lineamenti sono tesi e pare che mi sia sparata direttamente sulle labbra del botox in quantità industriali, mi chiedo- ma davvero la gente paga fior fior di quattrini per avere una bocca che ricorda il didietro di una papera, avere un sorriso stereotipato -  che ce l’han tutte uguali perché hanno la globalizzazione in bocca - e non riescono più ad avere un’espressione che non ricordi quella di una bambola di cera?

Mi sta bene il mito dell’eterna giovinezza, passi il desiderio, legittimo, di avere labbra turgide e carnose, (ma ha sessantacinque te ne devi fare una ragione se non le hai più come una volta), ma aspirare a quella rigidità facciale, quell’immobilità espressiva che caratterizza molte attrici, veline, donne giovani e non più giovani, per me è follia.

Capiamoci, non sono contraria alla chirurgia estetica tout court. Se hai un difetto che ti far star male, che diventa invalidante, ben venga la chirurgia. Non sono contraria alle cose definitive (ho cinque tatuaggi, figurarsi), ma è sul senso del ridicolo che dissento e sull’omologazione delle bocche e delle persone.

Mi chiedo, anzi ti chiedo, boccuccia a canotto: Hai un problema con gli specchi della tua casa che sono di legno, o davvero pensi di essere più bella con quella tua bocca ridicola uguale alle altre tremilacinnquencentomilioni di boccucce a canotto gonfiabile?

Ancora, è inutile che ti rifaccia bocca, tette, e occhi. Se hai "anta e passa", comunque ti crollerà dell’altro.
Non sarebbe più dignitoso, allora, sfoggiare le proprie rughe, con rispetto per se stesse e per la propria storia e basta?

Quanto può essere interessante il viso di una donna, bello, curato, ma naturale, che lascia che il tempo gli rubi  turgore ma le doni esperienza?
 
Quanto può raccontare una ruga, quanto di se stessi può esserci dentro la piega della propria pelle?
 
E’ la storia della volpe e dell’uva? Forse. Chi ha il pane non ha i denti?
 
Può essere, ma ho la bocca a canotto, solo a fasi alterne.
 
Fa paura invecchiare e spaventa morire con o senza air bag sulle labbra.

Sarà che ho un ego smisurato, a detta di mio marito, ma pensare di essere unica di non essere omologata ad altre da interventi chirurgici o o da lineamenti banali, mi fa sentire speciale.
 Sarà che temo la mancanza del senso del ridicolo, che ritengo più sobrio il difetto dell'eccesso, che ho sempre cercato un mio stile,  ma certe bocche, proprio non se possono guardà!

Compresa la mia, oggi.

P.S.

Pare che al momento vada in voga la chirurgia plastica genitale.
O Madonna mia, torneremo tutte illibate!