mercoledì 26 marzo 2014

Alcuni nascono cattivi e basta


“Alcuni nascono cattivi e basta” diceva Warrick Brawn, il nero figo dagli occhi verdi di Csi, serie televisiva basata sull’investigazione della scena del crimine, tra le più popolari e longeve.

E vedere cattivi senza redenzione alcuna sul piccolo schermo, aiuta a credere che si trovino solo lì piuttosto che collocarli prossimi a noi. Magari tra i nostri conoscenti, vicini, parenti.

E’ stato sempre così, rappresentare il male, lo esorcizza. E più questo si presenta violento, sanguinoso e truculento, più si allontana da noi.

Csi è stata a lungo la serie televisiva più vista al mondo. Dura da quattordici anni e sicuramente ha fornito alla malavita buoni spunti per farla franca, viste le indicazioni fornite in caso di crimine, modello vademecum: usate sempre guanti in lattice, non lasciate tracce che si possano vedere con il Luminol (Dio quanto mi piace il Luminol e il piumino con il quale si evidenziano le impronte!), dopo l’uccisione, ripulite con candeggina. Quanto basta.

 I provati protagonisti della serie sono invecchiati, girandole, immagino che anche gli sceneggiatori non devono aver avuto proprio un bel vivere ipotizzando, stagione dopo stagione, morti, uccisioni, efferati assassinii e suppongo abbiano accumulato un bel po’ di stress.

Le loro compagne/i (a cui mi sento di suggerire di non contraddire mai i parteners, neanche in caso di leggerissima divergenza di opinione. Non si sa mai) devono avere un’ elevata soglia di sopportazione alle stranezze e alle paturnie.

Mi chiedo, infatti, quanto sia grande la distorsione di alcune menti in grado di partorire nell’immaginario e mettere in scena situazioni tanto aberranti ed angosciose quanto irrimediabilmente fascinose, visti gli share.

Nonostante il successo, anche in termini di denaro, continuo a pensare che vestire i panni per un tempo così lungo di gente che “fotografa cadaveri e ne imbusta pezzi” rende, probabilmente, un tantino, lugubri.

In Csi muoiono in media 4,8 persone a puntata, per cui dopo 315 episodi e quattordici stagioni sono morti 1.512 ammazzati. Sono rotolate diverse teste mozzate, rinvenuto un cadavere vero sulle spiagge della Florida, uno mangiato vivo dalle formiche e spezzettati e imbustati innumerevoli poveracci. Con tanto di catalogazione digitalmente fascicolata.

Un plauso enorme, quindi agli scrittori, sceneggiatori, attori, cameraman, costumisti, ai cadaveri e al fantastico Luminol, per l’offerta di serate grottescamente rilassanti.

Tanta solidarietà e sostegno alle mogli.

Un caro abbraccio  anche a te, Dexter Morgan, anche se so che mi deluderai…

 

N.B. Cifre e numeri ripresi dall’inserto Sette n. 12 del Corriere della Sera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

venerdì 21 marzo 2014

Il comunismo è morto. La condivisione non sta tanto bene


Domenica 9 ho iniziato la dieta Dukan.

Ho perso quasi 4 Kg.

La strada è ancora lunga ma tengo duro.

Contenta del calo del mio peso, condivido la notizia con mio marito.

E lui, di contro, condivide su fb questo:

 
- La tua ragazza è in carne?

Incoraggiala a camminare.

5 Km la mattina

E 5 la sera.

I risultati saranno incredibili.

In una sola settimana sarà  a 70 Km da casa.

Non condividere, talune volte, è meglio.

mercoledì 19 marzo 2014

La malinconia è una questione di equilibrio


Isabel Allende diceva che la scrittura è esercizio di nostalgia.

Si scrive per rivivere il senso delle cose accadute, perché si ha un buon orecchio per le storie altrui, perché si è talmente incasinati dentro che, solo scrivendo, si riesce a mettere ordine ai pensieri, alle emozioni, ficcandoli dentro romanzi o racconti.

E’ così che, quello che scriviamo, ci contiene. Anche quando non parliamo direttamente di noi stessi e raccontiamo cose accadute agli altri. Sono le storie a sceglierci; scelgono una persona che può riportarle e si regalano, sperando di essere impresse nella memoria di chi legge. O più semplicemente di chi scrive.

Tutto questo ha del nostalgico.

Si scrive perché si ha il rimpianto di una cosa persa. Una persona, un sentimento, un amore. Qualcosa che, comunque non torna.

Rossella Boriosi che, potrei amare follemente se fossi un uomo perché racchiude le qualità di una donna, insieme alle doti migliori di un uomo (è bella, ironica, profonda, sa sentire, sa pensare, sa scrivere ed è brava, intelligentemente brava) descrive così bene il sentimento http://trefigli.style.it/2014/02/28/quello-che-mi-manca/ che provo che, se non fosse una giornalista, potrei pensare che avrebbe potuto benissimo essere il mio analista.

Ho fatto leggere l’articolo a mio marito, il quale mi ha detto che eravamo due pazze.

Deduco quindi che, solo chi è veramente un po’ folle, riesce a sentire, descrivere e soffrire per un sentimento come quello raccontato.

Ho fin da ora, una nostalgia incredibile per l’infanzia di mio figlio.

Per tutte le prime volte che abbiamo avuto.

Per quell’attesa, per il cuore gonfio di sorpresa, incanto, gratitudine. Per la sua infanzia e la sua soltanto. Che neanche una seconda gravidanza potrebbe darmi.

Perché con Daniele sono nata anche io.

Perché il suo concepimento, il suo primo sguardo, il suo primo pianto, le sue mani, il suo odore, il nostro crescere insieme, lui con il mio sentimento di maternità finalmente espresso, è qualcosa che poteva essere solo scritto.

Il senso di meraviglia assoluta è un attimo che dura nostalgicamente per sempre.

Sarà per questo che mi viene spesso da piangere.

 

 

 

venerdì 7 marzo 2014

8 Marzo


Detesto l’8 marzo.

Trovo che sia terribile la celebrazione di una giornata internazionale della donna.

I motivi per cui la disapprovo:

-          Non credo alle politiche di genere, all’educazione di genere, alla contrapposizione di modelli di femminilità o mascolinità limitativi delle potenzialità di ciascuno, legati al sesso.

-          Il genere è un concetto che fa riferimento a un sistema di ruoli e relazioni tra i due sessi, ma è storicamente contestualizzato e quindi soggetto alle caratteristiche sociali, culturali, politiche ed economiche di un determinato momento. Le differenze tra i due sessi sono poi influenzate da differenze di altra natura, differenze sociali, culturali, economiche. Credo che enfatizzare “ruoli” tipicamente femminili o maschili non faccia altro che alimentare vecchi stereotipi e semplificare, con tristi rappresentazioni, concetti importanti. Fondamentali soprattutto in quelle società dove, realmente, essere donna, è disprezzabile.

-          Rabbrividisco davanti all’organizzazione di uscite tra donne che si concedono svaghi a ridosso di questa giornata.

-          Le femministe mi fanno paura. In generale ho paura di chi difende le categorie a priori o sente che imbattersi in una crociata per difenderne una sia l’unico modo di vivere.

I disabili sono una categoria, le donne, un genere, le mamme, un gruppo, quelle diversamente fertili una tipologia, gli anziani, una specie in via di estinzione, l’omosessuale, gli ebrei e gli armadilli sono categorie. Eppure non tutti si amano o si difendono tout court. Sono impossibili da amare tutti, indistintamente; al massimo si possono amare o odiare e combatterne solo alcuni. Quasi tutti i dittatori amano i loro popoli in quanto categoria e diventano loro carnefici o assassini di altri popoli.

Personalmente, io, riesco ad odiare contemporaneamente quelle che si sfondano di carboidrati, mangiando come se non ci fosse un domani, rimanendo costantemente dentro la taglia quarantadue e quelle che, sopra i tacchi dodici camminano con naturalezza riuscendo a non conficcare gli stessi dentro i sampietrini, ma questo, tendo a gestirlo come un problema personale!

-          Disprezzo chi festeggia senza sapere cosa si festeggia, il perché di questa giornata, le 129 donne morte nella fabbrica di NY; chi festeggia senza sapere che dall’altra parte del mondo alcune ragazzine non diventeranno mai donne perché spose bambine stuprate e date in moglie secondo tradizioni sociali ripugnanti; chi non sa cosa sia un’infibulazione; chi crede che una mignotta sia solo una mignotta; chi parla di violenza sulle donne e di stalking, ritenendo che un ceffone a volte è segno di amore.

Io non amo le donne.

Amo le persone.

 

martedì 4 marzo 2014