-Perchè piangi?
-Mi entrata una cosa negli occhi.
-Cosa?
-Un ricordo
Ho letto una lettera, divinamente umana.
Una donna che, crede nelle lacrime, piange irrimediabilmente per
le parole dette a chi ora non è più con lei. Quelle parole, dette per
nervosismo, stanchezza, finta cattiveria, o Dio solo sa cos’altro, restano lì
come pietre. Macigni che forse non sono veramente pensati ma irrimediabilmente
detti. E ingrossano una distanza abissale tra chi resta e chi se ne va. Perché lui
non può più sentire che lei vorrebbe chiedergli perdono. Lei si sperde in un’insopportabile
vita senza, con un rimorso che non le da pace, un’insopportabile senso di
inutilità e un vuoto incolmabile da gestire. Non le piace più vivere senza di
lui e non sa e forse non vuole reagire.
Questi giorni felici, per molti possono essere strazianti.
Le feste possono essere calore ma anche freddo glaciale.
La perdita di una persona amata che tutti, prima o poi proviamo,
questo dolore immenso che ci sperde e ci rende randagi nel vuoto, senza un
corpo cui appartenere, senza un senso cui aggrapparsi ci inchioda a una scelta.
Tutti abbiamo detto parole che non andavano dette, tutti abbiamo
momenti di fastidio, di stizza, di rabbia.
E ci puniamo ricordandoci quello che avremmo potuto dire e non abbiamo
detto o quello che avremmo dovuto tacere e invece, abbiamo gridato. Ci sembra
che, se non avessimo detto quelle parole ferendoci l’un l’altro, la persona
amata sarebbe ancora vicina a noi e forse, avrebbe deciso di non andarsene
rinviando il distacco, come per uno strano accordo con la morte.
Forse è una forma di protezione nei confronti della vita che, nonostante
tutto continua a fluire, come acqua che rinnova, che scorre.
E’ qui che viene la scelta.
Continuare a credere che, nonostante il dolore la vita possa
riservare ancora sorprese, stupore, tenerezza o chiudersi e piangere sulle
parole dette.
Nel secondo caso i ricordi sono nemici, nel primo alleati.
Capita che, tornando a casa io voglia cercare di sentire la vita
con chi amo, che sia mio marito, mia madre, mi fratello, mio figlio o l’amica
che mi ha deluso più delle altre, nella speranza di vivere questa vita ancora insieme,
e ancora e ancora, inghiottendo le parole come bicchieri di bicarbonato quando
sono dure da digerire. E se proprio dovessero scapparmi come pulci dal circo,
cercherò di chiedere perdono.
Un buon antidodo al dolore.