martedì 17 marzo 2015

I bambini sintetici di Dolce&Gabbana


Avevo deciso di non intervenire nella polemica scoppiata dopo l’intervista rilasciata a Panorama dagli stilisti Dolce&Gabbana, perché sono giunta a una fase in cui ho capito che non sono più disposta a spendere energie importanti in stupide faccende. Preferisco, magari, mettermi carponi insieme a mio figlio e ruggire come un dinosauro, con un cappello con le punte sulla testa e un corno finto in viso, gridando sono un triceratopo. Lo trovo più edificante. Ci sono però questioni davanti alle quali mi è impossibile tacere. Perché se qualcuno si permette di dare a mio figlio del “sintetico”, l’unica cosa che posso fare è scagliarmi contro come una furia con la ferocia e l’impeto di un animale ferito che difende la sua prole.

Ferma restando la libertà di ognuno di esprimere la propria opinione, libertà più limitata rispetto alle altre se sei un personaggio pubblico e se le tue idee possono veicolare messaggi sbagliati, con semplicità e leggerezza errata, inaccettabile, su una questione talmente delicata e importante che necessita la massima attenzione, una seria competenza nel trattare l’argomento e una sincera sensibilità, trovo tutta la diatriba di un livello vergognoso e deprimente, più per l’incompetenza che per la pochezza dei contenuti delle posizioni espresse.

Poiché le parole hanno un significato, un senso compiuto e la comunicazione soggiace a regole precise e lo scrivere, oltre ad essere tecnica, deve essere anche sentimento, affermare che i bambini nati da fecondazione artificiale sono “sintetici” equivale a dire che sono bambini di secondo ordine, bambini nati da un Dio minore, bambini con status diverso rispetto ai figli nati naturalmente e questo è decisamente intollerabile. Ritengo molto più violenta una tale affermazione, piuttosto che il boicottaggio verso la merce griffata D&G, che peraltro non ho mai comprato, trovandola semplicemente, brutta. Il signor Dolce non ha la ben che minima idea di cosa sia una tecnica di procreazione medicalmente assistita, né che esistano diversi livelli di tale tecnica, né cosa sia una fecondazione omologa o una eterologa e mescola, senza cognizione di causa, uteri in affitto, madri surrogate, bambini nati da un catalogo, con una sciatteria e una trascuratezza al limite del sopportabile, che neanche Giovanardi nel suo massimo splendore.

Ma andiamo per gradi.

La prima dichiarazione sconcertante è la dichiarazione sulla famiglia “tradizionale”. Alla domanda “Che cosa sia la famiglia - Dolce risponde: ” Non abbiamo inventato mica noi la famiglia. L’ha resa icona la sacra famiglia, ma non c’è religione, non c’è stato sociale che tenga: tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono quelli che io chiamo i figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. E poi vai a spiegare a questi bambini chi è la madre. Ma lei accetterebbe di essere figlia della chimica? Procreare deve essere un atto d’amore, oggi neanche gli psichiatri sono pronti ad affrontare gli effetti di queste sperimentazioni’”.

Ecco, dichiarazioni del genere mi fanno venire la nausea, cadere la braccia e inorridire, perché confondere la “necessità biologica”di un uomo e una donna, la genetica, o il dna di uno dei due, con il ruolo di un genitore, con chi crescerà un figlio, magari con un patrimonio genetico diverso da quello di chi ha fornito il gamete, significa, non solo disprezzare un atto d’amore ben più potente di un semplice atto sessuale, ma anche l’istituto dell’adozione e ogni forma di trasmissione d’amore che non possa essere catalogata dentro un modello familiare unico che, viva Dio, cambia con la società, il tempo, con i paradigmi culturali di una comunità. Secondo la visione della famiglia tradizionale del sig. Dolce, madre-padre-bambino, non dovrebbe esserci posto neanche per la famiglia composta di genitori single (ma anfatti, tu madre rimasta sola dopo che lui ha scoperto che sei rimasta incinta, perché non butti sto figlio, che pure piange tutta la notte, sporca, rutta e fa la cacca a dismisura? Stesso dicasi se lei o lui ti ha mollato per un’altra, o se si è permesso di morire senza preavviso), non è famiglia una coppia senza figli, non è famiglia una coppia di due sorelle/fratelli, non è famiglia, se non quella di tipo tradizionale. Bene. Ora mi domando come per tutti questi anni si siano percepiti i due, legati da una relazione sentimentale, condizione già di per se, bastante, per ritenersi una famiglia. Ma si sa, il pulpito da cui si predica è sempre molto soggettivo. Ma la cosa che trovo davvero esecrabile è che tutta questa faccenda sia stata imbastita e programmata per pubblicizzare il brand dei due sarti che, comunque rimangono tali, senza nulla togliere al valore del lavoro sartorile che, ha comunque poco a che fare con il voler diffondere temi valoriali. Tutta la faccenda è una strategia di comunicazione del marchio D&G fatto però sulla pelle dei bambini “sintetici” e sulle coppie che realmente fanno della incapacità di riprodursi una malattia di vita e di sogni. Si ripropone quello che era già successo con le dichiarazioni del Gruppo Barilla sui gay e sulla loro idea di famiglia mulino bianco, poi ritrattate e ridimensionate con azioni pro gruppi Lgbt. Nel caso dei due sartini, invece, è stata studiata a tavolino una strategia di comunicazione inneggiante alla famiglia tradizionale che, va ormai avanti da anni a sostegno di una coppia, non proprio tradizionale, che così si è comprata una parte di quel pubblico cui altrimenti non sarebbe mai arrivata. Niente di male, direbbe Oliviero Toscani, uno dei più famosi fotografi e pubblicitari del mondo il quale, insegna che, se vuoi centrare il core di una questione, devi spararla, in questo caso fotografarla, grossa, se vuoi che faccia parlare di sé. Il problema, quindi, non si porrebbe, se non si trattasse di bambini, dichiarati “sintetici” che letteralmente significa, non naturali, artificiali, costruiti, manipolati, contraffatti, alterati e di un tema tanto intimo e delicato da richiedere il massimo rispetto e la più profonda empatia.

Personalmente continuerò a non comprare gli abiti e gli accessori di D&G. Ma mentre prima mi limitavo a pensare che fossero due stilisti sul mercato internazionale, oggi aggiungo che sono due stilisti sul mercato internazionale, ma umanamente dei “poracci”.

9 commenti:

  1. No, amica mia, penso tu ti sia sentita chiamata in causa senza motivo.
    Tuo figlio è nato dal vostro amore e dal progresso della medicina, vero.
    Però saprà sempre chi chiamare "mamma" e chi "papà".
    Il discorso, di D&G piuttosto che di Elton John, è rivolto ad altre situazioni che meriterebbero veramente un po' più di attenzione su chi siamo, chi vogliamo essere e chi vogliamo diventare.
    Per cui brindo alla salute del vostro pargolo e mi concedo un po' di compassione per quelli che cresceranno nella pseudo famiglia di un gran compositore/interprete ma umanamente un po' piccolo.

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    1. Credo che sia inevitabile non sentirsi chiamati in causa quando, tuo figlio, nasce da una fecondazione in vitro. Hai ragione sulla giustezza delle domande da porsi, sulla necessità di regolamentazione e quant'altro. Quelo che mi da più fastidio di tutta questa faccenda, oltre all'uso di termini inappropriati è la faciloneria con cui si parla di certe faccende, specialmente se poi serve a scopo pubblicitario. Sono convinta anche del fatto che, mamma e papà, siano sempre le persone che ti crescono, accudiscono, ti amano. Usi sempre parole giuste e commenti in modo opportuno, elevando la conversazione.
      Grazie e abbraccio te ed i tuoi figli sperando che sia un buon periodo.

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    2. Mi sto impegnando affinché migliori, contemporaneamente ogni volta che ti leggo, un po' dei miei pensieri positivi va anche a te/voi.
      :-D Bacio.

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  2. Belle parole. Hai spiegato benissimo il perché le loro affermazioni mi avevano dato tanto fastidio e non riuscivo a farle rientrare nel "In fondo ognuno ha diritto di esprimere le loro opinioni". Emy

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  3. Per carità, infatti ognuno ha diritto di esprimere la propria attenzione. Usando cautela, però, quando e se, hai una platea vasta che offendi con estrema leggerezza.Sono contenta che hai colto il senso di qullo che, anche a me, ha dato estremamente fastidio.

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  4. Sì davvero...ebbasta con sta cosa del figlio scelto sul catalogo. Quanta ignoranza e che rabbia quando viene da gente con un impatto mediatico così forte. Grazie per questo post

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  5. Si Sfolli non se ne può più...voi come state? I bimbi crescono?
    È' un bel po' che non ci si sente...

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  6. Ho letto solo ieri tutta la polemica e come te mi sono sentita "offesa". Quoto parola per parola quello che hai detto tu!

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  7. Ma che fossero mezzi sc...i, l'ho sempre pensato! Si può dire?

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