martedì 20 maggio 2014

Che la forza sia con te


Mio figlio è maschio.
Ma proprio maschio. Anche se ha lineamenti così delicati che spesso inducono le persone a scambiarlo per una bambina.

Tempo trenta secondi e fuga ogni dubbio sulla sua mascolinità.

Questo è il tempo delle spade, dei cavalieri valorosi, degli spadaccini. E’ il tempo della lotta contro i draghi, dei combattimenti con il padre, dello stanare i cattivi da sotto il divano e salvare la principessa, che poi sarei io.

Credo che nei maschi la lotta, l’azzuffarsi, il salvare principesse, sia un impulso atavico.

Ovviamente, mi sono chiesta se, dietro al gioco della lotta si nascondesse il lato oscuro di Dart Fener, oppure quello lucente di Obi-Wan kenobi, o quello di Luke Skywalker per intenderci, preoccupandomi di capire quale sia il giusto equilibrio tra un sano sviluppo del pargolo e l’insegnamento dei valori negativi della guerra.

La conclusione cui sono giunta è che Daniele, che non è minimamente esposto ai media violenti (se escludiamo le tragedie familiari dei vari film di Walt Disney, ma qui aprirei un capitolo a parte) ha della lotta una concezione positiva e naturale, comprende benissimo la differenza tra il bene ed il male e costruisce storie di fantasia, intrecciandole, con curiosità e capacità rappresentativa con la realtà.
E’ un gioco e nel gioco, dove vige il“fa finta”, fa finta appunto, di essere un eroe.

Un super eroe, per l’esattezza.
Cavalca cuscini che sono puledri, brandisce pezzi di legno, di lego, ogni oggetto può cambiare funzione per trasformarsi nella spada del bene, nell’arma che sconfiggerà il nemico, cattivo, cattivissimo.
Nella foga del combattimento a nulla servono i “Pianooo”, gli “Stai attentooo”, “Non colpire la tvvvv”, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a tirarle di santa ragione.

Che poi mi chiedo, si è mai visto uno spadaccino, tipo il principe Filippo della “Bella addormentata” che, nell’atto estremo di uccidere il drago, lo fa in modo garbato e lentamente?
Ovviamente no.
Quindi, care mamme di maschi cavalieri, rincuoriamoci apprendendo che “I giochi cosiddetti aggressivi, come fare la lotta, sparare, sono modalità attraverso le quali i bambini esprimono parte della loro aggressività e delle loro pulsioni. Il gioco in questo caso ha una funzione liberatoria per le emozioni più profonde e istintive: trattandosi di un gioco è “solo” una simulazione, ma permette al bambino di vivere da attore e in prima persona quei ruoli che possono creargli disagio e quindi smorzare la risonanza emotiva. La funzione simbolica permette ai bambini di impersonare ruoli e modelli sulla base dei messaggi ricevuti dall’esterno: quando il bambino “fa finta che” riproduce la realtà osservata ma, svolgendola in forma simbolica, la adatta alle proprie esigenze emotive”. Il gioco della guerra alimenta sentimenti di potenza e di competenza, fingere un combattimento richiede controllo. Per contenere gli estremi è necessario spiegare ai piccoli la differenza tra fantasia e realtà, in alcune circostanze, il gioco della guerra fornisce uno spazio sicuro per affrontare le paure circa la violenza del mondo reale. E ‘un modo per coinvolgere i conflitti inconsci tra il bene e il male. Alla fine si torna sempre lì alla ‘eterna dicotomia tra bene e male’.
L’importante è tranquillizzarci sul fatto di non avere davanti a noi dei potenziali criminali.
E allora, che la forza sia con te, Dani, sempre. 
Smettila, però, di farmi gli agguati con la spada di gomma, che io sono pur sempre la principessa!

 

 

 

17 commenti:

  1. la mia è una principessa...ma adora pure fare la lotta!!! Come si fa???

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    1. Vuole salvare il principe? Siamo nella parità di genere!

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  2. Il mio non è ancora entrato in questa fase, non del tutto almeno. Però lo scambiano continuamente per una bambina... :)
    Bellissima riflessione Raffaella!!

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  3. Mio figlio ha nove anni e io sono passata dal ruolo di principessa a quello di strega...ma la lotta c'è sempre!! ;-)

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  4. Guarda che ti va bene eh!!! Nella sua lotta a spade, mio figlio, non mi fa fare la principessa ma quello che combatte contro di lui e poi muore!

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  5. Anni fa ho avuto la felice idea di "raccontogiocare" ad una ventina di bimbi la storia di "Kirikù e la Strega Karabà". Ovviamente io facevo la parte della strega, il mio cagnone era uno dei mostri meccanici, i bimbi/abitanti del villaggio avevano armi di cartone.
    Ad un certo punto, però, una bimbina piccina e carina col vestitino rosa s'è immedesimata troppo nella parte e m'ha mollato un calcio negli stinchi. E' stato il segnale d'attacco che nemmeno Massimo l'Ispanico era riuscito a dare ai suoi compagni gladiatori.
    E' stato un massacro :o)

    Dunque, all'occorrenza, mi offro come drago ( ma voglio i parastinchi ) :o)

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    1. Deve essere stata bella però l'esperienza del racconto giocare. Avrai i parastinchi allora.

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    1. Sai mi faccio sempre un sacco di paranoie sulla sua educazione e non so mai se sono sulla strada giusta.

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  7. Io, come Mamma Piky, al momento sono quella con cui combattere e che, possibilmente, deve perdere.
    Però c'è da dire che, per ora, quando uno dei due riesce a disarmare l'altro o ad atterrarlo, ci si interrompe e si battono le mani: "bravo bravo"!
    Insomma, siamo più al gesto sportivo che al simbolismo.
    La tua riflessione, comunque, mi rincuora e conferma decenni di esperienza: non tutti i bambini che giocavano con le pistole o le spade (ossia tutti, forse), sono diventati violenti e guerrafondai!!!

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    1. Certo...l'importante credo che sia anche spiegargli il vero senso del gioco, del bene e del.male. in fondo a tre anni si deve insegnare anche attraverso il gioco.

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  8. La Purulla è molto "fisica" nei suoi giochi, non hai idea dei lividi che ci procura mentre giochiamo (ma va bene così) :D

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  9. La Purulla è molto "fisica" nel gioco, non hai idea dei lividi che ci procura! Ma va bene così :)

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  10. grazie: me lo ripeto anche io, ma avevo comunque bisogno di essere rassicurata :)

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