mercoledì 16 luglio 2014

I desideri digitalizzati


Sta accadendo una cosa imprevista. Ho troppi impegni che non mi lasciano tempo per aggiornare il blog come vorrei. Scrivo molto per lavoro e quando vorrei farlo per piacere personale, sono troppo stanca o troppo impegnata con le cose, rimaste indietro. E soprattutto, cerco di dedicare del buon tempo a mio figlio. Come tutti, direte. Certo, come tutti. Ma forse sono meno brava degli altri a conciliare parole, impegni, spostamenti, affetti, mestieri, articoli. E, se prima mi rilassavo solo scrivendo, ora lo faccio solo quando vado a dormire. Che poi, dormo pure poco e mi prendo della roba naturale per non svegliarmi nel cuore della notte e restare lì con gli occhi sbarrati per un periodo che pare infinito a pensar a chissà cosa.

Comunque.

Comunque riflettevo su cosa sia davvero il tempo, lo scorrere dello stesso o l’attesa di qualcosa che porta con sé.

Riflettevo sul fatto che, non siamo più capaci di tenere fermo il tempo. Abbiamo tutti, tutto, nell’esatto momento in cui lo desideriamo. Fotografie, musica, libri digitali, informazioni, tutto in tempo reale.

I desideri diventano digitali e l’accesso alla conoscenza è immediato.

Ma le cose importanti, i desideri sognati, quelli per i quali attendiamo una vita per averli, ecco, quelli restano, a volte, irraggiungibili. E lo spazio interiore, quello spazio solo nostro che serve, a desiderare, ad aspettare che qualcosa di importante avvenga, quello colmo della pazienza dell’attesa, rischia di diventare uno spazio vuoto, annullato dalla mancata realizzazione e dalla presenza di tutto ciò che è virtuale. Qualcuno ha detto che la digitalizzazione dl desiderio è: ” essere incapaci di renderlo fisico, che sia la virtualità del sesso, o quella dei discorsi, o la conoscenza reciproca. Tutto è un continuo mascheramento e al tempo stesso costante impazienza.”. Abbiamo connessioni ovunque, fotografiamo e postiamo in tempo reale, non ci sono luoghi al mondo dove serve andare per capire, perché lo possiamo fare davanti ad un pc, ore della giornata che servivano solo a noi e ai nostri desideri, sono invece impiegate ad avere, scaricare, connettersi, condividere, socializzare, twittare.

E se tutto è possibile, se tutto può essere a portata di mano, come insegnerò a mio figlio il gusto dell’attesa? Il bello di impegnarsi per realizzare un desiderio, magari di metter da parte la paghetta per racimolare un gruzzoletto e poter partire, così senza meta a vedere, conoscere, conoscersi?

O semplicemente, sfogliare, giorno dopo giorno, un calendario dell’avvento, aspettando una notte incantata, che resta tale anche quando l’incanto si è rotto, o meravigliarsi per l’organizzazione di un viaggio, e meno per il viaggio stesso, o stupirsi ancora per una sorpresa.

Ecco, mi chiedo, come farò e intanto perdo sonno prezioso.

 

 

7 commenti:

  1. Raffaella cara, credo che basti fare un passo indietro verso una non connessione per risolvere il problema. Io sono ferma a un blog, no twitter, no FB, telefono che telefona e basta (e fa foto molto discutibili e lo uso in tal senso davvero raramente) insomma certo sono connessa al lavoro, e a casa il pc è sempre ON ma è tutto, non ho la smania di comunicare e postare un piatto che mangio, un panorama, un qualcosa, perdendomelo in realtà nell'illusione di condividerlo. Sono un po' arcaica ma credo molto meno fagogitata e so godermi attese, momenti di niente e cose tangibili e poco digitali.

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  2. Non è da tutti, cara. Spesso, ci si perde proprio nella condivisione. E diventa male solo quando non siamo più in grado di mettere le distanze tra il nostro intimo e il digitale, nel senso ampio del termine. E la mia paura e per una generazione, quella dei piccoli di oggi che saranno sempre più digitali e sempre meno schermati. Ecco, volevo riflettere su questo, e sono una che posta foto sceme su fb!

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  3. Io mi sto distaccando un po' da tutto, cercando di cogliere solo il meglio.
    Il mio tempo è troppo poco e prezioso per perderlo in cose senza importanza :)

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  4. Come? Io capisco veramente il valore del tempo e dell'attesa in montagna. Quando cammini, cammini e basta e la connessione in genere, per fortuna, non c'è, neppure la rete.
    Se poi sali in quota, oltre a essere sconnesso, sei costretto a entrare in contatto con i pochi altri che incontri, perché ne va del benessere di tutti.
    E mentre pois un piede davanti all'altro verso la cima e ritorno, capisci che le ore sono ore, che i minuti contano e le distanze anche e che per quanto tu voglia scrivere delle sensazioni che provi e postare foto (e lo farai, dopo aver atteso il ritorno alla "civiltà'" e alla connessione) , un tramonto o un'alba sul ghiacciaio o il profumo di bosco umido, si possono condividere davvero solo vivendole insieme.
    E sogni la cima, perché il più delle volte torni indietro e non riesci a raggiungerla, in un modo o nell'altro.
    E se hai troppa fretta, la paghi cara, veramente cara.

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    1. Questo tuo commento è davvero bello. E ti ringrazio per la passione che metti nel cercare di trasmettere, ruscendoci, il significato vero della montagna. L'attesa nel vero senso della parola, la fatica per riuscire, il silenzio, la concentrazione per arrivare su, su, vicino a qualcosa che non ri può racchiudere in una parola. Ci vuole, però, impegnio e forse una vita intera per insegnare il viaggio, il significato di un passaggio che, forse, ci è concesso. Hai ragione, forse solo attraverso i sentieri, o davanti ad un mare colmo, si dà il senso delle cose importanti. Grazie, mi hai emozionato.

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  5. Sto per partire per quella montagna, quelle vette, quei sentieri ed ogni volta é ritrovare la pace nel cuore e negli occhi, un lento,procedere senza fretta che ci ricorda quanto sia preziosa la vita per sprecarla in corse affannate e nervose...un grande insegnamento il gusto dell'attesa <3 <3
    Laura

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